«MASCHI CHE TEMONO I MASCHI»
Il femminismo senza gli uomini è una rivoluzione a metà: «Se non cambiano anche loro, nulla cambierà davvero». Parola di Chimamanda Ngozi Adichie, 42 anni, autrice nigeriana di best-seller come Americanah e saggi quali Dovremmo essere tutti femministi, che ha lasciato il segno anche nel mondo del pop e della moda, da Beyoncé a Dior. La scrittrice sarà a Milano il 16 novembre per il premio speciale Afriche, in occasione di Bookcity, mentre a inizio 2020 uscirà da Einaudi, editore italiano delle sue opere, il saggio I pericoli di una singola storia. Conversando con 7 l’autrice, che vive tra gli Usa e la Nigeria, mette a nudo le emozioni personali, le lacrime di rabbia, di gioia, la felicità di fare la terapeuta al telefono per le amiche (serve silenzio, molto ascolto e una, massimo due, domande semplici).
«Molte cose di cui le donne si lamentano – sostiene Chimamanda –, gli uomini le fanno perché hanno paura di provare vergogna davanti ad altri uomini. Dobbiamo dare agli uomini gli strumenti per esprimere le emozioni, per liberarsi dall’ego, dalla performance pensata per altri uomini, e diventare più fedeli a sé stessi emotivamente».
«Perdonare un tradimento? È una scelta femminista – continua l’autrice – a patto di farsi una domanda: a parti invertite, cioè se a tradire fosse lei, lui la perdonerebbe? Se la risposta è sì, restare assieme è femminista». La violenza sulle donne? «Gli uomini non possono essere ridotti a quelli violenti, né il femminismo alle estremiste che odiano gli uomini». Nel romanzo Americanah i personaggi discutono se usare o meno la parola “negro”: «Non andrebbe usata da chi non è nero – sostiene la scrittrice – ma dire di toglierla dai libri perché può traumatizzare un lettore è sbagliato». «L’ultima volta che ho pianto? Di rabbia, qualche giorno fa. E di gioia – confessa – quando ho visto una foto dei miei genitori, che stanno ancora assieme. Mi ha riempito di gratitudine ma anche resa consapevole della mortalità».
Del lutto per la morte dei genitori e del ruolo salvifico delle donne, protagoniste del nuovo romanzo Il Colibrì (La nave di Teseo), parla, tra l’altro, Sandro Veronesi intervistato da Teresa Ciabatti: «Dopo la morte di mia madre mi sono comprato una Alfa Romeo con tutti gli optional...».
Nella sezione esteri, Irene Soave racconta il segreto dei bimbi perduti degli inuit, costretti dalle autorità canadesi a un percorso scolastico individualista che snatura l’identità collettiva del popolo.
Elena Tebano, infine, racconta Unbelievable, serie Netflix che mette a nudo la “vittimizzazione secondaria”, per cui i meccanismi giudiziari invece di difendere la donna che ha subìto violenza, amplificano la violenza stessa.