Corriere della Sera

È sparita la «X»

Mai così pochi pareggi come in questa stagione In serie A la tendenza è più forte che in Europa «Anche le piccole hanno cambiato mentalità»

- Carlos Passerini

Più che un risultato, per molti era una missione. Un obiettivo, una strategia, un manifesto ideologico. C’è stato un tempo in cui il pareggio era in un certo senso la sintesi stessa del nostro calcio. C’era chi giocava proprio, per il pari. E funzionava. Nel 1978/79 il Perugia di Castagner chiuse al secondo posto dietro al Milan di Liedholm pareggiand­o 19 volte in 30 partite. Con i due punti a vittoria, rimasti in vigore fino al 1994, la famosa divisione della posta era spesso un affare. «E mica solo per le piccole», spiega Roberto Boninsegna, ex attaccante di Inter e Juve fra i Sessanta e i Settanta, «perché ai miei tempi il punticino andava spesso benone anche alle grandi, quando giocavano in trasferta». Altri tempi, altro calcio. Perché oggi il pareggio è sparito. Scomparso. Svanito nel nulla.

Ora in serie A si vince o si perde. Senza via di mezzo. I numeri sono sbalorditi­vi e non lasciano dubbi sulla tendenza. Mai nella storia del nostro calcio i segni X sono stati così pochi: nelle prime 69 partite di campionato, solo 11 volte. Significa che si chiude senza vincitori né vinti meno di una partita su sei. La percentual­e è 15,9%. In quel 1978/79 era al 45. Il triplo.

Secondo Salvatore Bagni sono due le ragioni che stanno dietro alla sparizione del risultato un tempo più amato dagli italiani. Fonte autorevole: era l’ala destra di quel Perugia dei miracoli. «Il passaggio ai tre punti è ovviamente alla base di questa rivoluzion­e, che da psicologic­a è diventata tattica. Quando si è capito che il pareggio era più una mezza sconfitta che una mezza vittoria, le squadre hanno iniziato a giocare in maniera diversa. Ma quello era un cambio di mentalità inevitabil­e, scontato. Oggi sta succedendo qualcosa di diverso: è proprio una scelta convinta, non è una conseguenz­a logica di una modifica al regolament­o. Ora tutti vogliono vincere bene e segnare tanto. Perché vincere soltanto non basta più». Perché non rende più: come immagine, come marketing, come prodotto commercial­e. La scelta della Juventus di passare da Allegri a Sarri, scelta che segue una tendenza europea molto evidente, è un segnale chiaro. Una prova.

Eppure altrove il pari funziona ancora. Raffrontan­do i

dati con gli altri quattro principali campionati del continente, emerge chiarament­e come la tendenza sia tutta italiana: in Inghilterr­a, Francia e Germania si pareggia una partita su quattro, in Spagna quasi una su tre. È cambiato tutto: un’inversione di tendenza completa, totale, indiscutib­ile. Tanto vistosa che non è assurdo iniziare a parlare di nuovo modello calcistico. Che infatti ha preso piede non solo fra le grandi squadre, ma anche fra le piccole, quelle che un tempo per un punticino avrebbero fatto carte false. Come Brescia, Lecce e Spal. Oggi, zero pareggi in tre. La croce sulla X, quella più grossa, quella più significat­iva, l’hanno messa loro.

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