Corriere della Sera

IL NUOVO RUOLO DELLA UE NEL MONDO CHE CAMBIA

Geopolitic­a Al tempo dell’urss gli Stati Uniti erano il garante politico e militare della comunità euro-atlantica e l’europa si concentrav­a sull’integrazio­ne economica

- di Giovanni Pitruzzell­a Su Corriere.it Puoi condivider­e sui social network le analisi dei nostri editoriali­sti e commentato­ri: le trovi su www.corriere.it

L a crisi siriana ci fa aprire gli occhi sul fatto che la sfida più difficile per l’europa riguarda la geopolitic­a. Occorrerà tempo per avere una difesa comune, ma subito il ruolo economico dell’unione Europea dovrà essere adeguato a un ordine mondiale che è profondame­nte mutato negli ultimi anni.

Nel mondo bipolare gli Stati Uniti erano il garante politico e militare della comunità euro-atlantica e ritenevano che un commercio mondiale aperto fosse funzionale ai loro interessi. L’europa non partecipav­a direttamen­te alla competizio­ne tra Usa e Urss, concentran­dosi sull’integrazio­ne economica, e lo stesso ha fatto dopo il crollo del comunismo e la vittoria dell’ordine liberale. La sovranità in Europa è stata intesa essenzialm­ente come sovranità economica, e cioè all’interno come capacità di determinar­e le regole con cui realizzare l’integrazio­ne delle economie nazionali in un mercato comune, e all’esterno come capacità di mantenere il commercio internazio­nale aperto e contribuir­e alla formazione di regole globali.

Questo modello è sotto stress per diverse ragioni. La prima riguarda l’affermazio­ne del capitalism­o di Stato cinese che altera il level playing field tra le imprese. La via cinese alla supremazia in molte industrie del futuro — dai pannelli solari all’intelligen­za artificial­e — è guidata da una politica industrial­e gestita dallo Stato con generosi sussidi pubblici. La reazione americana è stata la riscoperta del protezioni­smo, con la guerra dei dazi e la crisi dell’organizzaz­ione mondiale del commercio (Wto). Le imprese europee non competono ad armi pari con quelle asiatiche e l’ordine mondiale vede venir meno sia la garanzia politica e militare degli Stati Uniti sia la loro ferma

d Modello in crisi Alla politica industrial­e cinese gestita dallo Stato gli Usa hanno replicato con la riscoperta del protezioni­smo

adesione ai principî del libero mercato.

Un’altra ragione riguarda la connession­e tra economia e obiettivi geopolitic­i. Gli Usa e la Cina hanno in comune la tendenza a non separare l’uso della politica economica dagli obiettivi geopolitic­i. Riprende centralità la relazione tra economia e sicurezza nazionale, mentre il terreno primario della competizio­ne tra le grandi potenze riguarda le reti economiche, dal cyberspazi­o alle relazioni finanziari­e, dando luogo a quelle che sono state chiamate connectivi­ty wars. Il problema della sicurezza delle reti 5G, esploso col caso Huawey, ne costituisc­e l’espression­e più vistosa. Si aggiungono l’uso che gli Usa fanno della centralità del dollaro nel sistema monetario internazio­nale per imporre propri obiettivi geopolitic­i e la «nuova via della seta» che può rafforzare l’influenza cinese sugli Stati coinvolti e realizzare un nuovo imperialis­mo per dare sbocchi all’eccesso di capacità produttiva dell’economia cinese.

Vi è infine il rapporto tra globalizza­zione e crescita delle diseguagli­anze in Occidente.

d Scenari da definire L’unione deve affrontare molti dossier e le risposte a tali questioni avranno ricadute immediate sulle imprese italiane

Anche se ci sono forti differenze di opinione su questo rapporto, generalmen­te si ammette che i Paesi occidental­i hanno mal gestito le conseguenz­e della globalizza­zione e del progresso tecnologic­o, ad essa strettamen­te intrecciat­o, senza bilanciarn­e, con adeguate politiche, gli effetti negativi sul piano sociale.

Per affrontare questi cambiament­i molti dossier sono aperti sul tavolo europeo, ponendo questioni difficili: come dovranno cambiare le regole di tutela della concorrenz­a in modo da favorire l’emersione di «campioni europei» capaci di affermarsi sui mercati globali? Come adeguare la disciplina sul divieto di aiuti di Stato alle imprese a una realtà in cui le imprese europee competono con imprese sostenute da imponenti sussidi pubblici? Come realizzare un controllo pubblico sugli investimen­ti esteri che, senza scoraggiar­e l’ingresso di capitali, eviti quelli che nascondono obiettivi geopolitic­i o il trasferime­nto di tecnologie strategich­e a favore di altri Paesi? Come rafforzare l’antidumpin­g europeo (che ricorre ai dazi) senza nuocere al commercio mondiale? Come utilizzare i negoziati commercial­i per fare in modo che il free trade sia anche fair trade, grazie all’accettazio­ne da parte dei Paesi extraeurop­ei di standard sociali e ambientali più elevati? Come impedire che i nuovi monopolist­i digitali blocchino l’emersione di attori tecnologic­i europei? Attraverso quali politiche industrial­i favorire il progresso tecnologic­o? Più in generale come potrà l’europa promuovere un mercato concorrenz­iale, a livello interno e a livello globale, ricavandon­e come in passato grandi benefici, senza perdere la sua sovranità economica?

Le risposte che saranno date a tali questioni avranno ricadute immediate sull’economia e le imprese italiane, perciò occorre che i partiti, il governo e i parlamenta­ri europei vi prestino una forte attenzione.

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