IL NUOVO RUOLO DELLA UE NEL MONDO CHE CAMBIA
Geopolitica Al tempo dell’urss gli Stati Uniti erano il garante politico e militare della comunità euro-atlantica e l’europa si concentrava sull’integrazione economica
L a crisi siriana ci fa aprire gli occhi sul fatto che la sfida più difficile per l’europa riguarda la geopolitica. Occorrerà tempo per avere una difesa comune, ma subito il ruolo economico dell’unione Europea dovrà essere adeguato a un ordine mondiale che è profondamente mutato negli ultimi anni.
Nel mondo bipolare gli Stati Uniti erano il garante politico e militare della comunità euro-atlantica e ritenevano che un commercio mondiale aperto fosse funzionale ai loro interessi. L’europa non partecipava direttamente alla competizione tra Usa e Urss, concentrandosi sull’integrazione economica, e lo stesso ha fatto dopo il crollo del comunismo e la vittoria dell’ordine liberale. La sovranità in Europa è stata intesa essenzialmente come sovranità economica, e cioè all’interno come capacità di determinare le regole con cui realizzare l’integrazione delle economie nazionali in un mercato comune, e all’esterno come capacità di mantenere il commercio internazionale aperto e contribuire alla formazione di regole globali.
Questo modello è sotto stress per diverse ragioni. La prima riguarda l’affermazione del capitalismo di Stato cinese che altera il level playing field tra le imprese. La via cinese alla supremazia in molte industrie del futuro — dai pannelli solari all’intelligenza artificiale — è guidata da una politica industriale gestita dallo Stato con generosi sussidi pubblici. La reazione americana è stata la riscoperta del protezionismo, con la guerra dei dazi e la crisi dell’organizzazione mondiale del commercio (Wto). Le imprese europee non competono ad armi pari con quelle asiatiche e l’ordine mondiale vede venir meno sia la garanzia politica e militare degli Stati Uniti sia la loro ferma
d Modello in crisi Alla politica industriale cinese gestita dallo Stato gli Usa hanno replicato con la riscoperta del protezionismo
adesione ai principî del libero mercato.
Un’altra ragione riguarda la connessione tra economia e obiettivi geopolitici. Gli Usa e la Cina hanno in comune la tendenza a non separare l’uso della politica economica dagli obiettivi geopolitici. Riprende centralità la relazione tra economia e sicurezza nazionale, mentre il terreno primario della competizione tra le grandi potenze riguarda le reti economiche, dal cyberspazio alle relazioni finanziarie, dando luogo a quelle che sono state chiamate connectivity wars. Il problema della sicurezza delle reti 5G, esploso col caso Huawey, ne costituisce l’espressione più vistosa. Si aggiungono l’uso che gli Usa fanno della centralità del dollaro nel sistema monetario internazionale per imporre propri obiettivi geopolitici e la «nuova via della seta» che può rafforzare l’influenza cinese sugli Stati coinvolti e realizzare un nuovo imperialismo per dare sbocchi all’eccesso di capacità produttiva dell’economia cinese.
Vi è infine il rapporto tra globalizzazione e crescita delle diseguaglianze in Occidente.
d Scenari da definire L’unione deve affrontare molti dossier e le risposte a tali questioni avranno ricadute immediate sulle imprese italiane
Anche se ci sono forti differenze di opinione su questo rapporto, generalmente si ammette che i Paesi occidentali hanno mal gestito le conseguenze della globalizzazione e del progresso tecnologico, ad essa strettamente intrecciato, senza bilanciarne, con adeguate politiche, gli effetti negativi sul piano sociale.
Per affrontare questi cambiamenti molti dossier sono aperti sul tavolo europeo, ponendo questioni difficili: come dovranno cambiare le regole di tutela della concorrenza in modo da favorire l’emersione di «campioni europei» capaci di affermarsi sui mercati globali? Come adeguare la disciplina sul divieto di aiuti di Stato alle imprese a una realtà in cui le imprese europee competono con imprese sostenute da imponenti sussidi pubblici? Come realizzare un controllo pubblico sugli investimenti esteri che, senza scoraggiare l’ingresso di capitali, eviti quelli che nascondono obiettivi geopolitici o il trasferimento di tecnologie strategiche a favore di altri Paesi? Come rafforzare l’antidumping europeo (che ricorre ai dazi) senza nuocere al commercio mondiale? Come utilizzare i negoziati commerciali per fare in modo che il free trade sia anche fair trade, grazie all’accettazione da parte dei Paesi extraeuropei di standard sociali e ambientali più elevati? Come impedire che i nuovi monopolisti digitali blocchino l’emersione di attori tecnologici europei? Attraverso quali politiche industriali favorire il progresso tecnologico? Più in generale come potrà l’europa promuovere un mercato concorrenziale, a livello interno e a livello globale, ricavandone come in passato grandi benefici, senza perdere la sua sovranità economica?
Le risposte che saranno date a tali questioni avranno ricadute immediate sull’economia e le imprese italiane, perciò occorre che i partiti, il governo e i parlamentari europei vi prestino una forte attenzione.