«Salario minimo garantito nella Ue Orbán? Un problema dei popolari»
Il candidato dei socialisti alle Europee: «Spero che i progressisti vadano in massa ai gazebo pd»
«In Italia la mia speranza è che oggi i progressisti vadano in massa ai gazebo del Pd, in modo da avere un risultato chiaro con un segretario forte sul quale ricompattarsi: in questa campagna c’è bisogno di un partito democratico unito, che capisca il senso della sfida che abbiamo di fronte. Solo così possiamo contrastare con successo la visione distopica dell’europa alimentata dai populisti. Io credo che ci sia un’altra Italia, non solo quella di Salvini, disposta ad ascoltare il Pd se parla con chiarezza e unità».
Vicepresidente della Commissione europea, 58 anni, olandese per nascita e romanista per passione, Frans Timmermans è lo Spitzenkandidat dei Socialisti e democratici europei alle elezioni di maggio. Lo incontriamo nella capitale slovena, una delle tappe iniziali della maratona dei cento giorni, che lo porterà in tutti i Paesi Ue. Parla in perfetto italiano, quello che ha imparato da ragazzo al seguito del padre, diplomatico dei Paesi Bassi.
Le notizie sulla crisi esistenziale dei socialisti in Europa erano premature?
«Le cose stanno cambiando. Ci sono segnali importanti. In Germania la Spd risale nei sondaggi, in Italia le elezioni in Abruzzo e Sardegna segnalano un centrosinistra in crescita, in Spagna i socialisti di Sánchez rimangono il primo partito. Dobbiamo lavorare nei prossimi mesi per consolidare queste tendenze».
Il motto della sua campagna è la fine dell’austerità. Ma lei è stato vicepresidente della Commissione che ha avallato questa politica.
«Questa Commissione si è battuta per concedere ulteriore flessibilità sulle regole previste dal patto, aiutando Paesi come Spagna, Portogallo, Irlanda, Italia per quanto è stato possibile. Per questo siamo stati criticati da tedeschi, olandesi e altri. È sempre stato il mio messaggio al governo italiano. È una linea che ha prodotto risultati positivi per l’economia con Renzi e Gentiloni. Anche con questo governo abbiamo avuto un dialogo, è stato più difficile ma non abbiamo seguito i consigli di chi voleva una linea intransigente sulla manovra italiana».
Ma l’italia è stata lasciata sola di fronte a emergenze drammatiche come l’immigrazione.
«Sì, è vero. Ma non è stata abbandonata dalla Commissione o dal Parlamento europeo. È mancata la solidarietà di altri Paesi membri, proprio quelli di cui Salvini si dice amico e con i quali prova a far patti».
Come si aiuta l’italia sulle migrazioni?
«Occorrono frontiere più protette, più dialogo con i Paesi d’origine per rimandare a casa chi non ha diritto all’asilo, ma soprattutto occorre un grande piano per lo sviluppo per l’africa. Rifiutare di assistere o lasciar morire la gente in mare non è accettabile».
Juncker oggi ammette che con la Grecia la Ue è stata troppo dura. Perfino Angela Merkel lo riconosce.
«Alcuni Stati membri certamente, altri come la Francia di Hollande l’hanno aiutata. Ma quando viene chiesto al premier Tsipras come ha lavorato con questa Commissione risponde: molto bene».
Da presidente della Commissione, come vorrebbe mettersi alla spalle l’austerità?
«Dobbiamo costruire un nuovo sistema di solidarietà, pensando a un salario minimo garantito in tutta l’ue. A questo andrebbe legato un fondo comune europeo per la disoccupazione, una proposta fatta dal ministro delle Finanze tedesco: grazie a questo, un Paese in difficoltà non dovrebbe più tagliare le spese sociali e danneggiare i più deboli. Ma questa solidarietà non può prescindere dal rispetto delle regole, è il punto sul quale insistono i Paesi del Nord».
Quali sono le sue altre proposte?
«La fiscalità europea: le grandi imprese globali non pagano nulla per i profitti che fanno nella Ue. Occorre una tassa minima europea sulle imprese, per eliminare il dumping fiscale. E ancora una legislazione comune per rimettere i sindacati europei in condizione di negoziare contratti collettivi, soprattutto quelli per i nuovi lavori precari».
La procedura dello Spitzenkandidat presuppone che il candidato più votato diventi presidente della Commissione. Dareste i vostri voti al leader dei popolari Weber, se fosse il primo? Oppure rischierete di farvi sottrarre la nomina dal Consiglio europeo?
«Il punto è avere una maggioranza nel Parlamento europeo. Io ci proverò, ma non accetterò mai il sostegno dell’estrema destra. Farà altrettanto il Ppe? Cinque anni fa Juncker fu chiaro, ma Weber è ambiguo, mentre Tajani in Italia sta cercando a ogni costo l’alleanza con Salvini, in Austria Kurz governa con Strache e in Spagna i popolari hanno accettato il sostegno di Vox in Andalusia».
d Questa commissione si è battuta per concedere ulteriore flessibilità sulle regole previste dal patto
d L’italia non è stata lasciata sola da noi o dall’europarlamento ma dai Paesi membri di cui Salvini si dice amico
E poi c’è Orbán, secondo il quale lei è stato candidato da Soros.
«Orbán è un problema del Ppe. Ora c’è una iniziativa dei popolari svedesi per espellerlo dal Ppe. Vedremo. Sono stato da poco in Ungheria, una visita strana (il governo ungherese ha negato a Timmermans la sicurezza ndr). Ho trovato un Paese che si sta chiudendo, con una pressione enorme sui media controllati dal governo».
Il ministro Tria ha detto che sul bail-in delle banche l’italia venne di fatto ricattata da Schäuble e fu costretta a dare il suo assenso.
«Non l’ho mai sentito. Nessuno dei miei colleghi ne ha mai parlato. Un ricatto non funziona in Europa e certamente non con l’italia».
Ma è più facile che lei diventi presidente della Commissione o che la Roma vinca la Champions?
«L’anno scorso ce l’abbiamo quasi fatta. Quest’anno vedremo, anche se si sente la mancanza di Allison e del Ninja Nainggolan. Ma anche le elezioni europee possono riservare grandi sorprese. Sento aria di cambiamento, bisogna giocarsela, proprio come la Roma».
d Tria dice che Roma fu ricattata sul bail-in? Mai sentito. Un ricatto non funziona in Europa e certamente non con l’italia