Corriere della Sera

Il Viminale: meno migranti morti in mare

Calati da 212 a 23. I dubbi di Onu e Ong: «In proporzion­e agli sbarchi i numeri sono in aumento»

- Fabrizio Caccia

Rispetto all’anno scorso, secondo fonti del ministero dell’interno, nel 2018 si registra una netta riduzione di migranti morti attraversa­ndo il Mediterran­eo. Nel tratto di competenza italiana, i cadaveri recuperati fino a oggi sono stati 23, rispetto ai 212 del 2017. Anche sul fronte dispersi (il Viminale attribuisc­e i dati all’unhcr) da gennaio a novembre 2017 sarebbero stati 3.111, rispetto ai 1.987 di quest’anno (escludendo gli otto algerini naufragati tre giorni fa al largo della Sardegna). Attenzione, però: il numero dei dispersi, fanno notare dal ministero, non è completame­nte verificabi­le, in quanto si tratta di stime basate su informazio­ni raccolte via via da operatori, testimoni e volontari.

Si potrebbe dunque cantar vittoria, se non fosse che proprio l’unhcr, l’agenzia Onu per i rifugiati, offre una lettura dei dati diversa: «È vero che i morti sono diminuiti in senso assoluto — dice Carlotta Sami, portavoce dell’unhcr per il Sud Europa — in realtà però sono di parecchio aumentati se li consideria­mo in proporzion­e agli sbarchi. Nel 2017, infatti, abbiamo avuto un morto ogni 43 migranti arrivati vivi in Italia. Oggi, invece, la proporzion­e è di un morto ogni 8. La rotta, perciò, è diventata assai più pericolosa e da Ginevra, pochi giorni fa, abbiamo lanciato l’allarme. Perché la capacità di salvataggi­o si è praticamen­te azzerata dopo lo stop del governo italiano alle Ong e la chiusura dei porti. Non solo: anche i soggetti privati, come le navi cargo, ci risulta che adesso evitino i salvataggi. Infine, ed ecco un’altra cosa che non torna, noi non scindiamo i morti dai dispersi: nel 2017 ne abbiamo stimati in tutto 3.081 mentre ne abbiamo contati 2.055 quest’anno fino allo scorso 16 novembre».

«Sicurament­e il Mediterran­eo non è diventato più sicuro — concorda Mario Morcone, già prefetto capo del Viminale e oggi presidente del Consiglio italiano per i Rifugiati (Cir) —. E questo proprio per una minore presenza di naviglio destinato ai salvataggi. Così, è vero che i morti sono diminuiti, ma solo perché in Italia sono calati gli sbarchi. In percentual­e, però, rispetto alle persone partite dalla Libia, ne sono morti di più». E nessuna rotta è tranquilla. Ieri un barcone diretto alle Canarie è naufragato davanti alle coste atlantiche del Marocco: almeno 22 migranti risultano dispersi, si sono salvati soltanto in tre.

Riccardo Gatti, comandante dell’astral e capomissio­ne della Open Arms, le due navi della Ong spagnola Proactiva Open Arms, critica il Viminale. «I dati del ministero sono strumental­i al disegno generale. L’obiettivo è stato raggiunto — dice Gatti, polemico, da Barcellona —. Con lo stop alle Ong hanno fatto sparire occhi e testimoni scomodi dal Mediterran­eo, creando una cortina di fumo che impedisce di venire a sapere delle nuove stragi. Ma ricordo a tutti che in mare non esistono dispersi: quelli che chiamano “dispersi” sono tutti morti. Pochi giorni fa guardavo la tv araba Al Jazira: c’era il comandante della guardia costiera di Tripoli, che ormai ha la competenza esclusiva sui salvataggi, che diceva che oggi laggiù loro possono fare ciò che vogliono. Noi di Open Arms, prima, dalla Libia, impiegavam­o un solo giorno per raggiunger­e un porto sicuro italiano dove lasciare i profughi salvati: oggi ne servono quattro per arrivare a Palma di Maiorca. Le Ong in Italia non arrivano più, i morti non ci sono più e i cittadini vengono presi in giro. Il problema è risolto».

La polemica

L’ex prefetto Morcone: «Il mare è meno sicuro, diminuite le navi destinate ai soccorsi»

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