Croce Rossa, nel governo un altro scontro con Tria
ROMA «Se ne deve andare. Non ha chiarito nulla». I vertici dei 5 Stelle attaccano Roberto Garofoli, capo di gabinetto del ministro Giovanni Tria. La cui poltrona torna a ballare. La vicenda, rivelata ieri dal Fatto Quotidiano, riguarda un codicillo con «disposizioni urgenti» a favore della Croce Rossa che sarebbe «spuntato» nella manovra.
Ad accorgersi di questa aggiunta, sarebbe stato il premier in persona, Giuseppe Conte. Il quale, nel preconsiglio, si sarebbe imbattuto in due commi dell’articolo 23 che spostano in direzione Croce Rossa 84 milioni in tre anni. Un accigliato Conte avrebbe esclamato: «Scusate, cos’è questo?».
Dopo una rapida indagine, i 5 Stelle hanno trovato il colpevole: i tecnici Mef, in particolare Garofoli. Ma Tria non ci sta e lo difende, smentendo «categoricamente» che la norma sulla Croce Rossa Italiana proposta dal Mef per il decreto fiscale, poi stralciata, prevedesse un aumento di risorse per l’ente in liquidazione: «Si trattava di una disposizione di tutela dei lavoratori, senza la quale non è possibile provvedere al pagamento del loro Tfr», spiega il ministero. «La norma proposta, e sollecitata da tempo dallo stesso ministero della Salute e dal Commissario liquidatore — dice il ministro — forniva il chiarimento per sbloccare l’assegnazione di risorse già previste dalla legge. Solo il completamento della ripartizione dei 117 milioni assegnati dalla legge per le esigenze della Croce Rossa italiana. È quindi del tutto privo di fondamento e irrazionale l’attacco rivolto al capo di gabinetto del Mef, Roberto Garofoli, e al Ragioniere Generale dello Stato, Daniele Franco». Sulla stessa linea i sindacati Fp Cgil, Cisl Fp e Uilpa, che smentiscono «manine». Non è il primo attacco contro i tecnici del Tesoro. A metterci la faccia è la deputata Iolanda Di Stasio: «Garofoli, chiarisca subito o si dimetta». Dopo la replica di Tria, i 5 Stelle insistono: «Ora sta al ministro spiegare». Anche perché, al ministero della Salute, fanno sapere di non aver fatto alcuna sollecitazione.