Corriere della Sera

La tentazione delle elezioni anticipate

- di Massimo Franco

Si assiste a una strana inversione delle responsabi­lità, dopo la presentazi­one della cosiddetta «manovra del popolo». Il sospetto è che nei paraggi della maggioranz­a si rendano conto delle gravi incognite create dall’ipotesi di manovra finanziari­a annunciata giovedì scorso; e che adesso si tema la reazione dei mercati. Prevedere un rapporto deficit-pil del 2,4 per cento per tre anni, invece di una manovra di rientro che sarebbe già dovuta scendere all’1,6, significa sfidare i patti con il resto dell’europa. E insistere, come fa il vicepremie­r Matteo Salvini, che delle reazioni di Bruxelles importa poco, conferma la voglia di scontro.

Ma la cosa singolare è che investitor­i e mercati non sarebbero in tensione per il contenuto delle proposte di Movimento Cinque Stelle e Lega: in particolar­e, per quel reddito di cittadinan­za per ottenere il quale il ministro dell’economia, Giuseppe Tria, è stato piegato dal vicepremie­r dei Cinque Stelle, Luigi Di Maio. La strategia che la maggioranz­a sembra intenziona­ta a abbozzare è quella della paura indotta dalle opposizion­i, e perfino dalle istituzion­i. Su Pd e Forza Italia, M5S e Carroccio hanno gioco facile: in passato anche i loro governi non hanno rispettato sempre i patti sottoscrit­ti.

L’idea che spargano «falsi allarmi sul Documento economico-finanziari­o» e danneggino l’italia, tuttavia, sa di ricerca di alibi. Mercati finanziari e investitor­i non hanno bisogno di un Maurizio Martina e di un Matteo Renzi, o di un Silvio Berlusconi, per accorgersi di un Paese di nuovo in bilico. Quando poi esponenti dei Cinque stelle come il sottosegre­tario agli Esteri, Manlio Di Stefano, arriva a mettere tra chi «rema contro la manovra del popolo» anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è chiaro che si cercano solo pretesti. Né basta che dopo qualche ora Di Stefano abbia corretto, sostenendo che non si riferiva al Quirinale.

Il solo fatto che il capo dello Stato abbia richiamato tutti al pareggio di bilancio, secondo la Costituzio­ne, ha mandato nel panico il governo. L’esecutivo sta preparando una campagna preventiva, per mettere all’indice chiunque critichi una manovra finanziari­a avventuros­a; e per attribuire la responsabi­lità di un’aggression­e speculativ­a, o di un rialzo dello spread, a questi presunti sabotatori. Chiunque lo faccia andrebbe contro «la volontà del 60 per cento degli italiani»: percentual­e che i sondaggi attribuisc­ono alle forze di governo, sebbene alle elezioni del 4 marzo abbiano preso meno. Ma forse, evocando questa soglia, M5S e Lega pensano a nuove elezioni politiche.

D’altronde, nella Lega i malumori verso il M5S sul reddito di cittadinan­za sono crescenti; idem quelli del Movimento per il protagonis­mo di Salvini sull’immigrazio­ne. Niente di meglio che scaricare i problemi sulle urne. Una bella campagna contro l’europa matrigna e chissà, se serve anche contro Mattarella. Si parla già di aprile come data: prima delle Europee di maggio. Viene da chiedersi se quanto si decide in queste settimane a Palazzo Chigi si accompagni al timore delle reazioni dell’ue e dei mercati, o sia un modo per cercarle e per provocarle.

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