Corriere della Sera

«IO, CUOCO AL POLO SUD SOGNO LA BUFALA»

VITE DI FRONTIERA Marco Smerilli, dalle Marche all’antartide: è lo chef della stazione scientific­a Base Concordia, a -60° di media «Agli italiani preparo il risotto di Marchesi, ai francesi il foie gras» La solitudine, i lunghi silenzi: «Che meraviglia il

- Di Agostino Gramigna

I l silenzio che regna laggiù non è paragonabi­le a niente. Come il cielo stellato. Il silenzio del ghiaccio. «Quando esco fuori è uno spettacolo. Si gela e sento solo il mio respiro. Ma non mi pesa. Non mi manca niente qui. Forse solo una bella mozzarella di bufala contornata da qualche datterino».

La voce in italiano viene da lontano. Le immagini su skype vanno e vengono. È come vedere una tv di 60 anni fa. La base Concordia è una stazione scientific­a italo-francese situata sul plateau artico, composta da due edifici cilindrici di tre piani collegati da una galleria. Dentro ci sono le camere i laboratori e l’eco di voci umane. Fuori c’è il ghiaccio a perdita d’occhio. D’inverno il termometro scende a -90°. La media è -60°. Gli umani sulla Terra più vicini respirano a 800 chilometri, scienziati e ingegneri della base russa Vostok. Marco Smerilli, chef marchigian­o di 36 anni, da dicembre vive (e cucina) in questo luogo.

Da otto mesi non sente rumori di auto, non cammina sull’asfalto, non ascolta tv e radio, non vede alberi, animali, mare e montagne. Si muove come dentro una capsula. Esce pochissimo. Una volta ogni dieci giorni trascina dai magazzini (dove viene stoccato il cibo) alla base pacchi di pasta, riso, carni rosse, pesce, melanzane, frutta, verdura, uova, burro e zucchero. Insomma tutto quel che serve per cucinare in Antartide.

Marco è stato reclutato dall’enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibil­e). Prima di partire ha superato un test psicologic­o e prove di sopravvive­nza sulle Alpi, sulla vetta Dente del Gigante. In valigia avrebbe voluto mettere quanti più oggetti possibile. Alla fine ha portato qualche libro, i regali ricevuti dagli amici e un’armonica.

La cucina è attrezzata come quella di un ristorante. Si trova al terzo piano di una delle due torri. Ci sono un lavabo, un’isola centrale, quattro piastre e una friggitric­e. C’è pure un forno, un mantecator­e per gelati e due macchine per fare il pane e i dolci.

Marco si sveglia presto per preparare il pane. Quando l’ambiente è invaso dal profumo spalanca una cella, osserva cosa c’è dentro e improvvisa il menu del giorno. A pranzo: «Pasta o risotto. Zuppe di pesce, di verdura o di legumi. Una volta a settimana presento un bel fritto misto o del baccalà in pastella, ma anche triglie o un pesce alla livornese». A cena ricicla. «Non spreco il cibo avanzato a pranzo».

Si pranza a mezzogiorn­o e mezzo.

L’adattament­o «Biologicam­ente non siamo nati per stare a lungo senza luce e a queste temperatur­e. Ma qui imparo a vivere l’oggi»

Consumato il pasto c’è il riposo. Un paio di ore. «Leggo, bevo del caffè, vado a trovare un amico nel suo laboratori­o per fare due chiacchier­e». Alle cinque ritorna in cucina: «Preparo torte salate, impasto la pizza o mi dedico al dessert: profiterol, millefogli­e, zuppa inglese, tiramisù, biscotti da té e mousse di cioccolato. I bigné no. Difficili da preparare per la pressione e l’altitudine ». Tutto il cibo arriva nel periodo estivo con caterpilla­r dalla costa a 1.200 chilometri. E con l’aereo dall’europa, Australia e Nuova Zelanda».

Fuori la massa di ghiaccio spessa centinaia di metri sotto i piedi pare dormire. «Una volta ho preparato il filetto alla Rossini in memoria di Paul Bocuse e il “Risotto allo zafferano con foglia d’oro commestibi­le” in onore di Gualtiero Marchesi. Per i francesi un foie gras sotto forma di terrina».

In questo periodo nella base ci sono solo tredici persone. I tredici più isolati al mondo. Che si aggirano tra sala mensa, biblioteca, palestra, stazione meteorolog­ica, laboratori e camere da letto a forma di spicchio di torta con finestre che si possono aprire solo d’estate perché d’inverno tutto è ibernato. Non c’è Internet. La solitudine si tocca, ha lo stesso spessore del ghiaccio. «Ma se alzo gli occhi vedo la via Lattea, Saturno, Marte, Giove e le Nubi di Magellano. E sorrido se penso che in altre parti la gente starà correndo da un punto all’altro di una città».

A volte si sveglia annoiato e nostalgico. «Biologicam­ente non siamo nati per vivere a lungo senza molta luce e a queste temperatur­e. Ma fa nulla. Qui imparo a vivere l’oggi. E poi in base tengo ancora delle melanzane alla parmigiana».

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In cucina Marco Smerilli, 36 anni, nella stazione scientific­a italo-francese Base Concordia, in Antartide. Sotto, lo chef sul ghiaccio (Pnra)
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