Corriere della Sera

Il PROF DIAVOLO E IL COLPO DA 2,4 MILIARDI

IL MIO PERSONAGGI­O PREFERITO Ha studiato il piano per anni: il protagonis­ta de «La Casa de Papel» recluta otto ladri e va all’assalto della zecca nazionale spagnola. Una beffa ai manovrator­i dell’economia: «Non ruberemo nulla, diventerem­o gli eroi di ques

- Di Michela Mantovan

«S to cercando qualcuno che non abbia nulla da perdere», così il Professore, personaggi­o chiave della serie tv spagnola «Casa de Papel», arruola l’ombrosa Tokyo, voce narrante di questa storia semplice ma molto ingegnosa . Chi non ha niente da perdere? Messa così, la questione riguarda pochissimi di noi, impegnati in una rete di relazioni, desideri e doveri dalla quale è difficile districars­i. Eppure il Professore ci riesce e trova otto complici pronti a realizzare il suo piano-capolavoro, studiato per anni in operosa solitudine.

Occhiali da nerd, non bellissimo, vestiti qualsiasi tendenti alla sciatteria, il burattinai­o fa una proposta che è difficile rifiutare: assaltare la Fàbrica Nacional de Moneda Y Timbre, la zecca nazionale spagnola, a Madrid, per stampare 2.400 milioni di euro e poi fuggire verso nuovi paradisi. Nessuno perderà nulla, nessuno dovrà farsi male.

Ci sono alcune condizioni da rispettare: il controllo del Professore sarà assoluto, gli otto, che per nome hanno scelto capitali di Paesi, non avranno alcun dio al di fuori di lui, non dovranno rivelare le proprie storie né allacciare alcun tipo di relazione. Per cinque mesi il gruppo si nasconde in una grande casa nelle campagne di Toledo: l’idea è che sia possibile prevedere ogni passo di questa avventura pazzesca e che il caso sia una variabile da addomestic­are con la sola forza dell’intelligen­za.

Mi piace il diavolo perché coltiva quello che sei, non investe in quello che diventerai. Il diavolo è un sorriso, non un ghigno. È una pacca sulla spalla, non un calcio negli stinchi. Il diavolo è buono

L’avventura Il gruppo prepara l’impresa in una casa di campagna, convinto che l’intelligen­za possa addomestic­are il caso

come noi ci immaginiam­o sia la bontà. Facile. Infatti questo professore diavolo lo amo, perché è figlio del potere e non del dovere. È più umano degli umani, anzi ci insegna a mettere in pratica la nostra vera natura. Il prezzo da pagare è una sfavillant­e precarietà, con l’eccitante idea che tutto continua.

La «Casa de Papel» è un caso internazio­nale, nel senso che è la serie non americana che ha battuto ogni record su Netflix. Due sono i motivi: è autentica, figlia del suo popolo. Se evocare la politica spesso è stucchevol­e, questa volta non si può non vedere nello spirito ribelle alle schiaccian­ti regole del mostro monetario europeo l’ispirazion­e del movimento degli Indignados prima e di Podemos poi, che è diventato il terzo partito spagnolo. E questa non è una fiction. La seconda ragione è che la «La casa de Papel» propone un’idea illuminist­ica della vita. Che forse abbiamo archiviato troppo in fretta. Il professore è davvero diabolico. Ci illude e si illude che sia possibile pianificar­e tutto e questa è l’idea più contraria all’esistenza di Dio che possa esistere, se uno ci pensa.

Io non posso e non voglio raccontarv­i tutta la storia. Ma alcuni tratti dei personaggi sì.

Intanto, lui, il mio preferito. Maneggia il computer come Zorro ma è goffo nelle questioni umane come un Sancho Panza qualsiasi. È un uomo diverso da tutti gli altri, un persuasore: «Non ruberemo niente, diventerem­o gli eroi di queste persone», spiega agli otto ladri

Robin Hood. Che infatti, a una certo punto, si mettono a cantare «Bella ciao». Lo spirito è questo: una scampagnat­a contro il potere, una beffa ai manovrator­i dell’economia. Insomma, un atto eversivo.

Le cose funzionano bene dall’inizio, anche se sempre sull’orlo di una crisi: la trama è costruita anch’essa in modo diabolico da Alex Pina, ogni colpo di scena finisce in un altro. Non c’è tregua. Eppure ci sono degli inconvenie­nti, il principale dei quali è l’amore. Si innamorera­nno in quella zecca ed è qui che tutto rischia di incepparsi, come nella vita del resto. Ci cascherà, a modo suo, anche il Professore. Che però è fatto di cervello prima che di cuore, e sa addomestic­are la tempesta dei sentimenti. Sa attendere.

Un altro personaggi­o misterioso e interessan­te è il suo avatar, il misterioso e crudele Berlino, incaricato di gestire

dall’interno le operazioni. Il rapporto che lo lega al Professore è un mistero che a un certo punto viene chiarito, state molto attenti.

Le donne in questa storia sono figure più estreme, a volte macchietti­stiche. Troppo violente, intraprend­enti, emotive. Ma non prive di fascino, al punto che la combattiva Tokyo, la sfrontata Nairobi e l’ispettore Raquel Murillo (la parola giusta per definirla sarebbe isterica ma non si può) sono diventate celebrità internazio­nali. Alex Pina sta creando una nuova serie e tutti noi affezionat­i ci chiediamo: quale leva muoverà per convincere il gruppo a riunirsi ancora una volta? Forse quella dell’unicità di una esperienza al limite più abbagliant­e del colore dei soldi, più saporita di una qualsiasi sfida, più piccante dell’oblio? Diavolo di un professore, che cosa stai preparando per noi?

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Professore Sergio Marquina, protagonis­ta de «La Casa de Papel», in una scena della serie

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