Le deputate Sonia e Aina ribelli alla corte di Macron Rischiano l’espulsione ma insistono: ha sbagliato
PARIGI «Chiediamo sempre ai ragazzi delle banlieue di essere irreprensibili, allora bisogna esserlo anche ai più alti livelli dello Stato», dice Sonia Krimi, deputata macronista che— unica su 312 — critica il suo presidente sulla vicenda del consigliere dell’eliseo Alexandre Benalla. «Andava licenziato subito, sono stupefatta. Siamo stati eletti per la trasparenza ma invece sembra di vedere all’opera il vecchio mondo», aggiunge. Un’altra deputata de La République En Marche, Aina Kuric, ha votato contro il progetto di legge sull’immigrazione voluto dal ministro dell’interno, Gérard Collomb.
Sonia e Aina, 35 e 31 anni, sono le due giovani parlamentari ribelli che osano contestare il partito per il quale sono state elette, le sole voci dissonanti di una formazione politica entrata l’anno scorso per la prima volta in Parlamento con una schiacciante maggioranza, sull’onda del successo di Macron alle presidenziali.
Nei giorni della prima vera crisi del presidente e del suo sistema di potere, all’assemblea nazionale gli schieramenti sono compatti: da una parte l’unione di tutte le opposizioni, dalla sinistra radicale di Mélenchon all’estrema destra di Le Pen, che denunciano insieme l’«affare di Stato»; dall’altra La République En Marche (LREM), che ripete la formula pronunciata dal capo: «È solo una tempesta in un bicchiere d’acqua».
Dall’inizio della legislatura, un anno fa, i giovani deputati LREM si sono comportati come un blocco compatto, compensando l’inesperienza con l’osservanza assoluta della linea dettata da Macron e dal capogruppo all’assemblea nazionale, Richard Ferrand. LREM ha portato in Parlamento forze nuove al posto di vecchie primedonne della politica: in cambio chiede fedeltà cieca, e finora l’aveva ottenuta. Krimi e Kuric hanno rotto l’unanimismo, rappresentano un debutto inaspettato di fronda interna.
Sonia Krimi è nata a Tunisi nel 1982 e arrivata in Francia nel 2012. È la più grande di cinque sorelle, figlia di un operaio alla Peugeot di Tunisi e di una casalinga. Ha studiato commercio nella capitale nordafricana e poi ha vinto una borsa di studio per un dottorato a Tolone. Ha insegnato management alla facoltà parigina di Assas e poi lavorato come consulente al taglio dei costi per grandi aziende del nucleare come Areva. Il suo modello politico è l’ex ministra Christiane Taubira, l’intellettuale Pascal Bruckner la definisce «l’anti-bourdieu» perché dimostra che la riproduzione sociale delle élite non è ineluttabile.
Aina Kuric, nata in Francia da una famiglia originaria del Madagascar, ha fondato a Reims una società che propone visite guidate ai vigneti dello champagne. Il suo no alla legge sull’immigrazione le varrà l’espulsione, in base alla regola stabilita da Ferrand: «Astensione peccato veniale, voto contrario peccato mortale». Anche Macron ha mostrato di non amare queste prove di dissenso interno, usando una metafora non tanto leggiadra: «I cecchini finiscono per essere abbattuti, quando si mettono a sparare sui compagni».
Le critiche
Una sul bodyguard «da licenziare subito»; l’altra vota contro sull’immigrazione