Facebook, il crollo più grande della storia
La società brucia in un giorno 126 miliardi. Timori per i ricavi e le leggi sulla privacy
Crollo a Wall Street per Facebook. Il titolo ha perso 126 miliardi di dollari. Un calo legato ai timori per le norme sulla privacy e la diminuzione del numero di utenti. È la più grande distruzione di valore da parte di un’azienda americana quotata. Il fondatore della compagnia, Mark Zuckerberg è diventato più «povero» di 16 miliardi. E scende al sesto posto nella classifica dei «paperoni».
Il rallentamento della crescita e le preoccupazioni per l’impatto delle nuove leggi sulla privacy costano a Facebook più di 126 miliardi di dollari di capitalizzazione, con la maggiore distruzione di valore da parte di un’azienda quotata nella storia azionaria americana. Per Mark Zuckerberg, co-fondatore, Ceo e primo azionista con il 12,8%, il conto è di oltre 16 miliardi.
A innescare la caduta sul listino del Nasdaq, dove Facebook ieri è arrivata a perdere quasi il 20%, non sono stati tanto i risultati del trimestre, chiuso dal social network con 5,1 miliardi di dollari di utili (+31%) e ricavi in crescita 42% a 13,23 miliardi, un po’ sotto i 13,25 miliardi attesi da Wall Street. A spaventare gli investitori è soprattutto la prospettiva che la frenata del fatturato continuerà anche «nel terzo e nel quarto trimestre» e che i margini operativi scenderanno sensibilmente, dall’attuale 44% «intorno alla metà del 30% nei prossimi anni», ha messo in guardia il direttore finanziario Dave Wehner nella conference call con gli analisti. Due cattive notizie inattese dal mercato, che nell’euforia per le aziende hi-tech aveva finora aveva premiato il titolo Facebook, salito fino a 218,62 dollari, il nuovo record storico. La pesante caduta di ieri invece racconta che la fiducia verso il social network si è incrinata e si comincia a metterne in dubbio lo stesso modello di business.
Da un lato Facebook è infatti costretta a fare in conti con la richiesta di maggiore protezione e tutela dei dati personali, non solo in Europa, dove a maggio è entrata in vigore il nuovo regolamento sulla privacy, ma anche in America, dopo lo scandalo di Cambridge Analytica. La notizia che la società di consulenza politica aveva utilizzato senza consenso informazioni personali identificabili di milioni di utenti americani ed europei per influenzarne le opinioni politiche lo scorso marzo ha provocato un altro drammatico crollo del titolo in Borsa e ha obbligato il co-fondatore e Ceo, Mark Zuckerberg, a scusarsi e promettere rimedi davanti al Congresso Usa e al Parlamento europeo.
Dall’altro lato la società californiana si confronta con nuovi formati pubblicitari meno redditizi delle previsioni, come nel caso di «Stories» su Instagram. Mentre gli utenti aumentano meno che in passato: a fine giugno sono saliti a 2,23 miliardi, contro una stima di 2,25 miliardi, con crescita piatta in Nord America e in calo in Europa.
La debacle di Facebook ha mandato il rosso l’intero listino tecnologico, a differenza del Nyse, che ha beneficiato delle nuove trattative tra Usa e Unione Europea per evitare una guerra commerciale.
In calo di circa il 3%, a 1.808 dollari, anche Amazon in attesa dei conti trimestrali. Salvo l’inversione di tendenza nell’after hours dopo che il gruppo di Jeff Bezos ha registrato utili per 2,53 miliardi rispetto ai 197 milioni di un anno fa e ricavi in crescita del 39 per cento a 52,89 miliardi, grazie alla spinta delle vendite online e all’aumento del fatturato dell’attività di cloud-computing.