Il tempo regala nuovi significati all’«intrigo» di Hitchcock
C he bello, una sera d’estate, abbandonarsi a un classico del cinema! Mercoledì, La7 proponeva Intrigo internazionale (North by northwest) di Alfred Hitchcock, uno splendido spy movie del 1959 (la riedizione americana de Il club dei trentanove ,1935, girato in Inghilterra), con Cary Grant, Eva Marie Saint, James Mason.
Intanto bisogna interdirsi sulla nozione di classico. A differenza della letteratura, la classicità per il cinema sembra essere una questione legata al tempo. Superati i vent’anni, qualsiasi pellicola diventa un classico, indipendentemente dal suo valore; quelle in bianco e nero, poi, sono visibili solo in quanto baciate dalla polvere della classicità. Stessa cosa per la televisione. Un programma diventa classico (ma nel gergo televisivo si dice cult) quando viene frantumato nel ricordo di Techetechetè. Italo Calvino aveva steso una sorta di decalogo per «riconoscere» un classico. Ne riporto una voce: «Un classico è un’opera che provoca incessantemente un pulviscolo di discorsi critici su di sé, ma continuamente se li scrolla di dosso». Via la polvere dei discorsi, ed ecco il film pronto a una nuova visione, in sintonia con i tempi. In Intrigo internazionale ci sono i servizi segreti, c’è una pericolosa spia (al soldo di Putin?), ci sono le montagne Rushmore, dove sono scolpiti i ritratti di quattro presidenti americani (per ora, Trump è raffigurato solo come pupazzo). Eppure è lo stesso film visto alcuni anni fa, e ora appare totalmente diverso, pieno di nuovi significati. Solo Roger Thornhill, un pubblicitario di successo (nel doppiaggio si definisce «pubblicista»), non cambia: campione di eleganza (abiti sartoriali italiani) e di seduzione (in attesa dell’abito mandato a smacchiare chiede a Eve: «Cosa si può fare spogliati per venti minuti?»), eroe per caso, soprattutto per liberarsi dell’ingombrante presenza materna. Garante della serata è lo stile di Hitch.