Politica estera Usa, Trump tra dazi e gas
Umorale, ipersensibile alle critiche, a volte dotato di buon intuito per cogliere l’opportunità politica del momento. Trump l’abbiamo spesso descritto così, ma stavolta quella del presidente-bulldozer che, al vertice Nato di Bruxelles, ha accusato la Germania di essere schiava della Russia dalla quale dipende per le massicce forniture di gas, è stata una mossa studiata a tavolino. Evidente la volontà del leader Usa di colpire la Germania che ai suoi occhi ha riconquistato un ruolo di leader planetario coi soldi della ricostruzione erogati dagli americani, si è fatta difendere alle forze armate Usa, ha sfruttato l’apertura del ricco mercato statunitense e ora sfida Washington su vari fronti mentre il suo attivo commerciale continua a crescere. Trump, poi, detesta sul piano ideologico la Merkel: troppo aperta sull’immigrazione e uno degli ultimi ostacoli all’avanzata del populismo sovranista anche in Europa. Ora che Angela è in difficoltà, parte l’attacco. Ma nella bocciatura del gasdotto del Baltico c’è molto di più: oltre che con i dazi, Trump ha cominciato a fare politica estera anche con l’energia. Da mesi gli emissari del Dipartimento di Stato battono le capitali europee per invitare i partner ad acquistare lo shale gas americano: con l’obiettivo economico di ridurre il disavanzo commerciale Usa e quello politico di togliere ossigeno finanziario alla Russia. Obama non l’aveva fatto anche perché esistevano vincoli legati all’export di energia Usa, considerata una risorsa scarsa e quindi strategica. Ma con lo sviluppo del fracking, la produzione Usa di idrocarburi è cresciuta moltissimo e i vincoli sono stati allentati. I più rapidi ad allinearsi sono stati i polacchi che hanno firmato un accordo ventennale di fornitura di gas liquefatto (trasportato da navi): per il premier polacco Szydlo un’intesa che finirà nei libri di storia. Un po’ di gas americano comincia ad arrivare in Spagna, Portogallo, Olanda, Malta e anche in Italia. Quantità piccole che non riguardano l’eni. Che acquista molto gas russo, ma non è nel mirino americano perché diversifica nell’area mediterranea, dall’egitto all’algeria, e partecipa con Snam al gasdotto che porterà in Europa idrocarburi estratti in Azerbaigian. Una pipeline «benedetta» da Washington che elogia anche la Croazia per il nuovo terminale metanifero dell’isola di Krk. Come dire: apro a Putin ma lo tengo al guinzaglio. Riuscirà?
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