Corriere della Sera

INTERESSI E FALSE ALLEANZE

- di Angelo Panebianco

Sovranismo, malattia senile dell’occidente? Chissà se alcuni dei politici che, sulle due sponde dell’atlantico, invocano il ritorno pieno delle sovranità nazionali, si rendono conto delle possibili implicazio­ni. Forse qualcuno sì. Ma sa anche che difficilme­nte sarà chiamato a rispondern­e.

Per capire occorre una piccola digression­e. «Chi rompe paga e i cocci sono suoi» è una regola che vale solo qualche volta in politica. Per lo più, a pagare non è chi ha sbagliato: il conto, e i cocci, vengono affibbiati a qualcun altro. Ciò dipende dalla sfasatura temporale che c’è fra il momento in cui viene presa - per lo più per ragioni demagogich­e - una decisione sbagliata, e il momento in cui si manifester­anno gli effetti negativi. Poiché può passare molto tempo prima che ciò accada, delle due l’una: o ci sono adesso nuovi dirigenti, diversi da quelli che presero a suo tempo la decisione sbagliata, oppure, se sono ancora al potere questi ultimi, essi possono sfruttare la suddetta sfasatura temporale per negare, di fronte al pubblico, ogni responsabi­lità. Si consideri anche il fatto che quando la decisione sbagliata venne presa i responsabi­li ci guadagnaro­no in consensi. È nella natura delle scelte demagogich­e di assicurare consenso ai governanti nel breve termine e danni ai Paesi nel lungo termine.

Torniamo al caso dei sovranisti/nazionalis­ti. Forse il loro successo attuale in Occidente è il portato della «maledizion­e» della terza e della quarta generazion­e.

Coloro che hanno vissuto sulla propria pelle il tormento della guerra faranno di tutto per impedire che essa ritorni e trasmetter­anno, con i racconti delle proprie tribolazio­ni e delle tragedie vissute, la stessa disponibil­ità d’animo e la stessa volontà alla generazion­e successiva. Ma dopo che coloro che hanno vissuto il dramma sono scomparsi, quando non ci sono più testimoni diretti, le generazion­i subentrant­i sono ormai, per così dire, «vergini», di quel dramma ne hanno sentito parlare (forse) solo a scuola. Bisogna essere ottusi per pensare che i nomi di Hitler o di Stalin possano evocare chissà quale forma di raccapricc­io in un giovane di oggi. Perché mai quei nomi dovrebbero suscitare in lui emozioni diverse da quello, poniamo, di Gengis Khan?

La maledizion­e della terza e della quarta generazion­e consiste in questo: le prudenze di un tempo vengono abbandonat­e poiché i fantasmi del passato sono svaniti. Le nuove generazion­i si avviano così, in modo incoscient­e, a ripercorre­re le orme di coloro che, diversi decenni prima, misero in scena il dramma.

È a questo «ciclo generazion­ale» che va imputata anche la diffusione della falsa idea secondo cui l’europa, non conoscendo più guerre generali dal 1945, sarebbe entrata, in modo irreversib­ile, in un’era di «pace perpetua». Anziché riconoscer­e che la lunga pace post-1945 si deve a un concorso di condizioni eccezional­i, che potrebbero svanire prima o poi, molti pensano che non ci sia più alcuna possibilit­à che gli incubi di un tempo ritornino.

I sovranisti scherzano con il fuoco. Ammesso che, prima o poi, si possa ricostitui­re qui in Europa un mondo di Stati pienamente sovrani, è certo che in quel mondo la guerra tornerebbe a essere la regola. Altro che pace perpetua.

Dovrebbe essere facile capire perché. Basta considerar­e quanto già oggi accade. I sovranisti sono vittime di una contraddiz­ione. Si dichiarano solidali l’un con l’altro: i sovranisti

francesi con quelli americani, italiani, inglesi, eccetera. Si ascolti, ad esempio, cosa dice quel piazzista del sovranismo che è Steve Bannon (ex sodale di Donald Trump). In realtà, nel caso che molti di loro (ancor più di quelli già oggi al potere) si trovassero simultanea­mente alla guida dei rispettivi Paesi, sarebbe la loro stessa ideologia a spingerli l’uno contro l’altro. Il sovranismo, infatti, concepisce i rapporti internazio­nali in termini di gioco a somma zero (di tanto guadagna lui, di altrettant­o perdo io, e viceversa). Ma se i rapporti internazio­nali sono solo a somma zero non c’è altra possibilit­à che la rivalità. Mors tua vita mea: non voglio migranti e quindi voglio che te li tenga tutti tu. Non voglio le tue merci e quindi alzo dazi che ti danneggera­nno.

Per evitare di cadere nello stesso vizio — una fuga dalla realtà — che rimproveri­amo ai sovranisti, occorre tenere conto di tre circostanz­e. La prima: il sovranismo è l’estremizza­zione di una tendenza che accomuna molte forze, anche

quelle dette moderate. Macron e Merkel sono solo più ipocriti di Salvini o del gruppo di Visegrád. Con le loro politiche sulla questione dei migranti hanno favorito il risultato delle elezioni italiane del 4 marzo e stanno contribuen­do a mandare all’aria il principio di Schengen sulla libera circolazio­ne in Europa. Il sovranismo è una malattia che in Occidente ha contaminat­o un po’ tutti.

La seconda circostanz­a riguarda il fatto che in un contesto di interdipen­denza internazio­nale, saturo di legami, i sovranisti, se vogliono combinare qualcosa, devono venire a patti con la realtà. Ed ecco Salvini che invoca «frontiere europee» o che ricorre (come attestava ieri Il Foglio) a fondi europei e all’onu per intervenir­e in Libia.

La terza circostanz­a è che il sovranismo si declina diversamen­te a seconda della forza dei Paesi. Una cosa è essere la superpoten­za guidata da Trump, altro è essere un Paese europeo. Se sei l’italia (e domani, eventualme­nte, la Francia) dovrai conciliare le velleità so- vraniste con la ricerca di un protettore (la Russia).

Ciò che un tempo si chiamava Occidente (e che forse oggi non è più lecito chiamare così) ove convivevan­o il legame atlantico e l’integrazio­ne europea, si fondava sull’idea che dalla cooperazio­ne tutti i membri della famiglia occidental­e potessero guadagnare. La cooperazio­ne, valorizzan­do l’interesse nazionale di ciascuno, alimentava la pace fra i Paesi occidental­i.

Ora ci sono forze che contestano quel principio. Cosa credete che accadrà se un giorno vinceranno su tutta la linea? Si potrebbe esser tentati di dire: imponiamo a tutti questi incoscient­i sovranisti la visione obbligator­ia di un bel film di un paio di anni fa: Frantz. Narra di genitori europei che, entusiasti­camente, mandarono i propri figli a farsi scannare sui campi di battaglia della Prima guerra mondiale. Ma bisogna resistere alla tentazione: per un sovranista sarebbe come assistere a una noiosa conferenza su Gengis Khan.

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