Ha visto un’altra Israele»
Adams, il mecenate che ha voluto a tutti i costi la corsa
quota. Leggende metropolitane o realtà?
«Assolutamente vero. Vi pedalo quando posso. Purtroppo in questo periodo ho poco tempo. Ci sto solo poche ore alla settimana. Ma l’ho messa a disposizione dei fuoriclasse della nostra Israel Cycling Academy. Devono allenarsi in vista delle gare all’estero, sogno di poterli mandare al meglio delle grandi competizioni internazionali».
Quali sono i suoi parametri per affermare che il capitolo israeliano del Giro è stato un successo?
«Circa 840 milioni di spettatori televisivi seguirono le prime tappe del Giro l’anno scorso. Oggi gli indici di ascolto superano il miliardo. Ciò significa che nel mondo hanno visto un Paese diverso da quello delle consuete cronache politiche, non di guerra, ma di pace, di belle strade, panorami unici, gente allegra che ama la bici. Se il Giro è anche una vetrina del turismo italiano, come del resto il Tour lo è per la Francia, allora anche il turismo israeliano ne trarrà benefici. Inoltre gli organizzatori italiani sono entusiasti, dicono che è stato unico, impagabile. La partenza a Gerusalemme è stata bellissima, l’arrivo sul lungomare di Tel Aviv semplicemente perfetto, la tappa nel Negev esotica, affascinante il finale nel golfo di Eilat. E non sono mancati i drammi con i cambi di maglia rosa: il Giro ha offerto il meglio di se stesso».
Adams Voglio trasformare questa regione in una sorta di Amsterdam per le bici in Medio Oriente
Ma cosa risponde a chi accusa il Giro di aver ignorato la questione palestinese, il problema dell’occupazione, i giovani arabi morti nelle recenti proteste di Gaza? Mentre si correva in bici, a pochi chilometri c’era chi soffriva. Cosa dice a chi avrebbe voluto cancellare le tappe israeliane?
«È un cliché dire che sport e politica non si devono mischiare. E io non sono un politico, sono un cittadino israeliano convinto che in verità lo sport può unire, aiuta la coesistenza pacifica. Però ho le mie convinzioni personali. E tra queste c’è anche quella per cui i palestinesi hanno cattivi leader che vogliono guerra e violenza. Solo pochi giorni fa il presidente palestinese ha diffuso concetti carichi di odio e antisemitismo. Israele si è ritirato da Gaza già 14 anni fa. Ma proprio da Gaza continuano a predicare e sperare nella nostra distruzione».
Cosa direbbe se un gruppo ciclistico palestinese volesse partecipare alle gare in Israele?«li
accoglierei a braccia aperte. Sarebbero più che benvenuti. Cercherei di aiutarli. Tanti non sanno che già ci sono ciclisti arabi israeliani e persino palestinesi della Cisgiordania che vengono ad allenarsi con noi. Ho visto le proteste contro il Giro tra i pacifisti europei. Ma a loro chiedo: perché quasi non dite nulla contro ciò che avviene in Siria? Perché non protestate con la stessa determinazione contro la repressione della dittatura siriana ai danni dei civili che si ribellano?».