«Il profumo che oggi ci manca»
Per me, fin da piccolo, il giornale voleva dire il Corriere.e Corriere voleva dire Milano, la Bovisa, che era il mio rione, coi gasometri e le ciminiere, lo scalo merci col fumo delle locomotive e gli stabilimenti coi tetti fatti a denti, a forma di sega. Anche gli odori che c’erano nell’aria erano odori di fabbriche e quando in casa mio padre apriva il giornale si spandeva intorno un lieve e inconfondibile sentore di macchina. Soprattutto da bambini si scopre che ogni cosa ha un suo odore che è solo di quella cosa e nessun’altra, e così anche il Corriere sentiva di Corriere e di Bovisa. Allo stesso modo, ma del tutto diversi, erano gli odori della casa della nonna, che era contadina e abitava a Treviglio. Con l’accelerato, quasi un’ora di viaggio per poco più di trenta chilometri. Tuttavia, ho ancora ben impresso nella mente — e nell’olfatto — che salivo in treno con l’odore di Milano e scendevo con l’odore della campagna coi profumi delle stagioni e della stalla e dell’aglio che la nonna metteva dappertutto in abbondanza. Nostalgia? Sì, nostalgia di quegli odori scomparsi tanto che non si avverte più la differenza tra campagna e città. E naturalmente non è solo questione di odori. Qualcuno pensi pure che queste sono fisime da vecchi, come lo sono io. Ma quello di cui sento la mancanza è che con gli odori perduti è sparita l’autenticità dei luoghi e delle persone. Una cosa, però, non cambiava e ancora non cambia: l’odore del giornale. Il Corriere e L’eco di Bergamo avevano l’ identico profumo di stampa e credo anche di onestà. Un patto di lealtà verso i loro lettori, sia quelli di città che quelli di campagna.