Corriere della Sera

Marquez porta a casa il regalo

Scontro fra le Ducati e Pedrosa, Andrea perde podio e punti: «Mi girano»

- DAL NOSTRO INVIATO Alessandro Pasini

JEREZ DE LA FRONTERA Il capolavoro del Dovi va in frantumi a due terzi del viaggio per colpa di una carambola che a raccontarl­a non ci si crede: lui, Lorenzo e Pedrosa rotolano come birilloni al bowling; Marquez, che già era in fuga, è libero di stravincer­e la seconda gara di fila; avventizi come Zarco e Iannone si intascano un podio regalo; il campionato subisce il primo scrollone della sua breve vita.

Una storia brutta ma, chiariamol­o subito, senza banditi da punire. È piuttosto una vicenda di disattenzi­one e di sfiga, tanto più che a viverla sono stati tre fra i piloti più corretti. Lo stesso Dovizioso, chiarament­e con zero colpe, non alimenta alcuna polemica e chiude pure quelle che vorranno ricamare gli altri: «Lorenzo non ha controllat­o chi c’era dietro, ma Pedrosa, per me la causa di tutto perché aveva la visuale della situazione, è entrato troppo veloce. Sono colpevoli, chiaro. Però è un incidente di gara. Nessuno va penalizzat­o».

E così è stato, giustament­e. Perché alla curva sei del 17° giro non si sono scontrati piani cattivi di offesa, ma solo i demoni di tre piloti, che poi è il solito demone uguale per tutti: provare a stare davanti. Dovi, da terzo ma con maggiore brillantez­za nel motore della Ducati, ha cercato di passare Lorenzo però è andato largo. Nel varco si è infilato Pedrosa che ha preso la corda con decisione. La stessa con cui ha tentato di riprenders­ela anche Jorge, il quale, quando si è accorto che c’era un Robottino di troppo, ha provato a scansarsi. Da lì, il contatto, il rimbalzo, lo strike.

«Un domino sfortunato — lo definisce Jorge —. Non sapevo ci fosse Pedrosa. Sulla lavagna mi faccio segnalare solo il primo inseguitor­e». E il Robottino? Dice di essere rimasto sulla sua linea: «Ero troppo veloce solo perché loro erano larghi e lenti…». Lui, che ha rischiato grosso con un carpiato da paura, ha chiesto lumi in direzione corsa: l’hanno congedato con un pacca (leggera) sulla spalla.

Delle spiegazion­i di Lorenzo e Pedrosa, Dovizioso sorride ironico. Ma non li accusa e, ancora a caldo, quando chiunque sarebbe lì a prendere a capocciate il muro, fa il solito esercizio zen: «Non punto il dito contro nessuno. Certo, con la loro esperienza potevano stare più attenti. Colpa della rivalità interna con Jorge? No. Quella c’è e ci dev’essere. Non spingete su questa cosa. Ci siamo spiegati, è una brava persona: è solo fatto a suo modo. E poi litigare non serve, tanto i punti non me li ridanno…».

Ecco il problema. Ora sono 24 da Marquez («e mi girano le balle») quando invece, con il secondo posto alla sua portata, sarebbero stati 4: un potenziale capolavoro, appunto, su una pista da sempre vissuta come un incubo. Così alla fine, oltre che la forza interiore superiore alla media, è proprio questo dato tecnico a farlo sorridere prima di andarsene dalla Catedral: «Come prestazion­i è stato un week end esagerato: ho messo paura ai miei avversari e sono sereno». Come faccia non si sa. Ma è per questo che è unico. Vincente anche quando non vince.

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