Adil, il barelliere del 118 respinto dal leghista «Da lui insulti razzisti»
Vercelli, l’operatore stava soccorrendo suo padre
Sarà stato anche un VERCELLI momento di rabbia, di concitazione, come dice lui. Certo è che Gianpiero Borzoni, segretario cittadino della Lega Nord a Vercelli, è andato giù pesante: «Marocchino di m... tu non devi entrare in casa mia». Il marocchino in questione è Adil, trapiantato da diversi anni nel capoluogo piemontese dove ha messo radici con moglie e figli. La notte fra il 19 e il 20 dicembre era piombato a casa della famiglia Borzoni e le sue non erano propriamente cattive intenzioni: doveva prestare soccorso al padre dell’esponente leghista per un problema di salute. Adil è infatti un operatore della Croce Rossa Italiana, la sua «azienda», della quale è orgoglioso dipendente dopo aver fatto a lungo il volontario. «Appena siamo arrivati sul posto il figlio della persona da soccorrere si è presentato come infermiere e voleva fare quel che diceva lui», racconta Adil nella denuncia che ha presentato ai carabinieri. «Io gli ho detto che eravamo noi i responsabili ed è iniziata una discussione...». Per farla breve: Adil viene lasciato fuori di casa, Borzoni si impossessa della barella, carica il padre ed esce. «A quel punto cerco di riprendere il controllo della barella», precisa Adil. «Non toccarla», gli intima l’altro spingendo la lettiga nell’ambulanza. «Alla fine ha minacciato di farmi licenziare», conclude il marocchino spiegando che l’ambulanza è poi ripartita per correre all’ospedale. Con papà Borzoni a fare da paciere, sempre steso sulla barella.
Questo il racconto del dipendente della Croce Rossa. Che naturalmente ha scatenato una bufera politica. «Borzoni, vergognati! — hanno tuonato in un comunicato i segretari provinciale e cittadino del Pd Gian Paolo De Dominici e Michele Gaietta —. Hai attaccato un uomo che faceva il suo lavoro; hai anteposto le tue assurde convinzioni razziste».
Dal canto suo, Borzoni ha chiesto scusa. «Mi sono dispiaciuto la sera stessa, mi ero agitato... la concitazione del momento... Ma vorrei precisare che la mia è stata mancanza di rispetto nei confronti di una persona, non di un marocchino. Se fosse stato un veneto o un valdostano avrei fatto altrettanto. Il fatto è che lui non voleva far entrare l’ambulanza nel cortile. Io invece cercavo di evitare a mio papà i sobbalzi del terreno. Sono infermiere professionale e certe cose le so».
Il leghista si è scusato ma fino a un certo punto: «A questo punto mi farò ascoltare, perché si litiga sempre in due e se io ho detto certe cose lui ne ha dette altre. E poi non è vero che ho minacciato il licenziamento. Gli ho solo detto di darmi i suoi dati che sarei andato a lamentarmi». Il racconto del marocchino è supportato da varie testimonianze. «Anche perché quella notte il mio cliente ha chiamato la centrale operativa della Croce Rossa per registrare in diretta la lite — precisa l’avvocato Franco Bussi, che oggi lo assiste in questa causa per ingiurie mentre ha in corso la richiesta della cittadinanza italiana —. Adil parla bene la nostra lingua, è scrupoloso, ligio al dovere, perfettamente integrato e appassionato alla Croce Rossa. Mi ha detto “avvocato, ci sono rimasto malissimo, non mi era mai successa una cosa del genere”».
Quanto al padre, che dalla barella aveva cercato invano di calmare gli animi, il segretario leghista assicura che «sta meglio. Sono io adesso che non sto molto bene: mi sento come l’unico fagiano che vola in cielo in mezzo a cento cacciatori».
Il segretario «Sono dispiaciuto. Ma non è vero che volevo farlo licenziare. Gli ho solo chiesto i dati»