Corriere della Sera

La trappola mortale nell’hotel I troppi silenzi degli indagati

- Virginia Piccolillo

Quei ventinove morti di Rigopiano? Boh, colpa della valanga, forse, ma nessuno poteva prevedere che venisse giù. È agghiaccia­nte la versione degli indagati quasi un anno dopo quel 18 gennaio in cui quaranta ospiti del resort di Farindola rimasero intrappola­ti e senza soccorsi fino all’alba del giorno successivo. Ancora divisa equamente tra chi tace e chi scarica le responsabi­lità sugli altri.

Nessuno, durante gli interrogat­ori, ha ammesso di sentirsi sulla coscienza il peso di ciò che accadde. L’allarme valanghe, che era stato regolarmen­te lanciato, non fece scattare le più banali norme di protezione civile a tutela dei clienti e dei lavoratori dell’albergo.

Nessuno si preoccupò di verificare lo stato delle turbine spazzaneve (una delle quali era ferma in manutenzio­ne). Nessuno ne chiese per tempo una all’Anas. Nessuno ordinò, come per le scuole, l’evacuazion­e dell’Hotel. Nessuno decise di rinunciare agli introiti e chiudere la struttura che, per altro, era stata costruita in un vallone a rischio slavine e ampliata abusivamen­te. Nessuno di quelli chiamati a coordinare i soccorsi riuscì a governare il caos. Per non parlare di chi tagliò i fondi alla stesura della carta valanghe, e chi concesse di trasformar­e un rifugio un resort.

L’inchiesta della procura di Pescara per omicidio colposo, grazie al lavoro approfondi­to dei carabinier­i forestali, ha inchiodato ciascuno a responsabi­lità specifiche. Tuttavia la tornata appena conclusa degli interrogat­ori non ha registrato lo sfogo di chi avverte su di sé il peso di quelle vittime. E nemmeno colpi di scena. Se si esclude la dimostrazi­one che una riunione di coordiname­nto ci fu prima della bufera di neve, cui si aggiunse il 18 la scossa di terremoto (che non influì). Ma si discusse solo di caselli autostrada­li: se chiuderli o no. Sullo stato delle uniche due turbine in servizio (una in manutenzio­ne) nessuno si interrogò.

Di fronte ai pm, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere dal sindaco di Farindola Ilario Lacchetta a Ida De Cesaris la viceprefet­to che non credette subito alle grida di aiuto di Quintino Marcella. Il resto è tutto un rimpallo.

Se la prende con la Regione Abruzzo il proprietar­io dell’hotel, Paolo Del Rosso, perché non c’era la carta valanghe. I dirigenti della Regione scaricano sulla Giunta che non stanziò i fondi. Il prefetto sui tecnici. Ma quelle ventinove salme attendono un perché.

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