Corriere della Sera

Lo «ius soli» cade in Senato

Manca il numero legale: assenti M5S, Lega e parte di FI. Polemica a sinistra

- di Dino Martirano

Termina la corsa dello ius soli in questa legislatur­a. A decretare la fine della legge per la cittadinan­za, la mancanza del numero legale in Senato: assenti all’appello tutti i 35 senatori M5S, quelli di Gal, Ala e Lega, quasi tutta Forza Italia, 29 senatori Pd e 3 di Mdp. Nel rush finale prima dello scioglimen­to delle Camere approvata invece la manovra 2018: 27 miliardi lordi (21 netti) per misure che vanno dal bonus bebè agli incentivi per l’assunzione dei giovani. Il premier Paolo Gentiloni: «Una spinta alla crescita, l’Italia merita fiducia». Critiche le opposizion­i: nessuna misura struttural­e.

Oggi il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni sarà a bordo del rifornitor­e «Etna» della Marina Militare e nel suo discorso dovrebbe fare un riferiment­o al decreto legge sulle missioni internazio­nali. Si tratta dell’ultimo atto politico di questo esecutivo in calendario a Palazzo Chigi per la prossima settimana quando verrà convocato un consiglio dei ministri lampo. E se per quella data (venerdì 29 o sabato 30) il capo dello Stato avrà già sciolto le Camere, il Consiglio dei ministri dovrà varare anche il decreto che indice le elezioni (data presunta 4 marzo 2018).

Il «procedere con ordine» a fine legislatur­a, raccomanda­to dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, avrebbe consigliat­o di varare per tempo il decreto missioni. Ma non è stato possibile presentare prima il provvedime­nto — che rifinanzia i contingent­i militari in Iraq, Afghanista­n e Libano e autorizza (forse) l’invio di truppe in Niger a fianco di francesi e tedeschi — perché venerdì 22 l’iter della legge di Stabilità era ancora incompleto. Eppure, al Consiglio dei ministri di tre giorni fa si è visto un vero «sprint finale» del governo Gentiloni che ha chiuso molte partite aperte. Quella più delicata è la maxi fusione tra Ferrovie e Anas (varata con la manovra 2016) che ora completa il suo lungo iter con i decreti dei ministri Padoan (Economia) e Delrio (Infrastrut­ture).

La parte del leone l’ha fatta il ministro della Giustizia Andrea Orlando che vede concluso il lungo iter del decreto legislativ­o del nuovo ordinament­o penitenzia­rio. Nella stessa seduta il governo ha varato i decreti legislativ­i sulla semplifica­zione e la competitiv­ità nel settore agricolo (Martina); l’aggiorname­nto dei fabbisogni standard delle province e delle città metropolit­ane (Padoan); il contratto di servizio della Rai (20182022) che aggiorna parametri e obiettivi del servizio pubblico; molti decreti sblocca cantieri nel settore energetico; lo stato di calamità per le alluvioni in Veneto e in Romagna (proroga di 180 giorni).

Così il presidente del Consiglio Gentiloni, nella tradiziona­le conferenza stampa di fine anno di giovedì 28, potrà aggiungere alcuni capitoli nel consuntivo di un anno trascorso a Palazzo Chigi. All’ultimo chilometro, poi, il governo incassa il disegno di legge di Beatrice Lorenzin sulle profession­i mediche approvato venerdì dal Senato che, in «zona Cesarini», ha anche approvato la legge sui testimoni di giustizia, quella sugli orfani dei femminicid­i e quella contro le molestie telefonich­e del telemarket­ing selvaggio.

Certo, il grande assente dalla lista di Gentiloni è lo «ius soli» (la legge sulla cittadinan­za bloccata al Senato da 50 mila emendament­i della Lega sulla quale il governo non ha avuto la forza di imporre la fiducia). E forse non è una coincidenz­a la scelta della nave «Etna» per la visita della Vigilia del premier: a bordo di quel rifornitor­e, una donna africana tratta in salvo in mezzo al Mediterran­eo diede alla luce il piccolo Testimony Salvatore. Era il giorno di Natale del 2015.

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