I fondi Ue e la soglia del 36% (da superare)
A maggio la Commissione Ue presenterà la proposta sul prossimo budget europeo che dovrà tenere conto della Brexit. Alcuni Stati vogliono ridimensionare i fondi per la politica di coesione e aumentarne gli elementi di condizionalità. Ma per l’Italia, come ha detto il ministro per il Mezzogiorno Claudio De Vincenti alla Settimana europea delle regioni e delle città in corso a Bruxelles, «un terzo del bilancio post 2020 deve andare alla politica di coesione». Roma si schiera per la #CohesionAlliance insieme ai rappresentanti degli enti locali, guidati dal presidente del Comitato Ue delle Regioni Karl–Heinz Lambertz. A guardare l’ultimo rapporto sulla Coesione economica, sociale e territoriale l’Italia non fa una gran bella figura. Il problema non è tanto l’uso dei fondi, che per il periodo 2014-2020 ci vede nella media con il 36,4% di fondi impegnati (in tutto all’Italia spettano 72,6 miliardi), quanto per la nostra posizione nella classifica su alcuni parametri come il calo relativo di Pil pro capite (siamo i peggiori con la Grecia), o il calo della produttività. La fotografia scattata dal Rapporto si riferisce in questi casi al periodo 2000–2015 e De Vincenti ha osservato che l’Italia è stata colpita più duramente dalla crisi rispetto ad altri Paesi. Ma non ci sono solo ombre: registriamo segnali positivi sulla capacità di innovazione.