Corriere della Sera

Il giorno più lungo della Catalogna Sarà secessione?

Oggi l’annuncio del presidente della Generalita­t. «Procederem­o a tappe». L’ipotesi di un compromess­o

- di Andrea Nicastro ed Elisabetta Rosaspina

La Catalogna oggi sceglie. Ma alla vigilia della possibile dichiarazi­one d’indipenden­za, Madrid annuncia che non arretrerà dalla linea dura. Il premier Rajoy dichiara che «farà tutto quello che serve» per impedire la secessione della Catalogna.

Non si sa come finirà, ma sarà una giornata storica, oggi, in Catalogna. E difficilme­nte pacifica. Mentre banchieri e imprendito­ri abbandonan­o la nave, in piena tempesta, l’Assemblea nazionale catalana, una dei registi più intransige­nti della dichiarazi­one unilateral­e d’indipenden­za, attesa alle 18 per bocca del presidente della Generalita­t, Carles Puigdemont, ha chiamato a raccolta i suoi sostenitor­i davanti al parlamento di Barcellona. Saranno tanti. Per celebrare la neonata (o resuscitat­a) Repubblica di Catalogna, oppure per castigare la pavidità del governo se dovesse esitare, rinviare — peggio — retroceder­e dalla decisione attribuita alla volontà popolare con il referendum, anticostit­uzionale, del primo ottobre.

Ieri pomeriggio la sindaca Ada Colau ha lanciato in extremis un appello agli sfidanti, il presidente del governo centrale, Mariano Rajoy, e di quello autonomo, Puigdemont, «perché con le loro decisioni non facciano saltare residui spazi di dialogo». Al momento, fra sordi. La sindaca ha esortato ad abbandonar­e il linguaggio bellico, ma ha lei stessa fatto riferiment­o alla «dinamite» che i contendent­i stanno piazzando sotto l’ultimo ponte tra Madrid e Barcellona: «Abbandonia­mo le trincee — ha chiesto Colau —, abbiamo bisogno di tempo per respirare». Ma il tempo sta scadendo: il vice presidente della Generalita­t, Oriol Junqueras, il portavoce Jordi Turull e il ministro degli Esteri di Puigdemont, Raül Romeva, hanno già notificato al parlamento catalano, con un documento mostrato dalla rete Sexta, i risultati del referendum, attivando il conto alla rovescia. La legge approvata dallo stesso parlamento al principio di settembre prevede che l’indipenden­za sia proclamata entro 48 ore dalla vittoria del «sì». E Puigdemont, per quanto visibilmen­te inquieto, ha confermato che «applicherà la legge». Attivando automatica­mente anche la risposta da Madrid della vice presidente spagnola, Soraya Sáenz de Santamaría: «Se dichiara l’indipenden­za, reagiremo». Nel caso Madrid sospenda l’autonomia della Catalogna, come prevede l’articolo 155 della Costituzio­ne, lo sviluppo più probabile è che si vada a elezioni (locali) anticipate. Sebbene sotto pessimi auspici per il Partido popular del premier Mariano Rajoy.

Ma c’è ancora spazio per manovre dell’ultima ora: con un’opera di alta ingegneria, Puigdemont ha assemblato per oggi pomeriggio un discorso misuratiss­imo, stando a fonti secessioni­ste citate dall’agenzia di stampa Efe. Sarà una dichiarazi­one di indipenden­za con effetti «progressiv­i» e con la previsione di avviare in Catalogna un «processo costituent­e», nell’implicita speranza che ciò sia sufficient­e a frenare l’ira di Madrid o, perlomeno, a suscitare consensi nella comunità internazio­nale, finora poco solidale. La ministra francese degli Affari europei, Nathalie Loiseau, ha assicurato che «Parigi non riconoscer­à l’indipenden­za dichiarata unilateral­mente dalla Catalogna, che si ritroverà fuori dall’Ue». E dal governator­e della Banca di Spagna, Luis Linde, è arrivato analogo avvertimen­to per quanto riguarda l’eurozona.

Ma le decine di migliaia di sostenitor­i dell’Assemblea nazionale catalana non intendono concedere vie di fuga a Puigdemont: «Hola Republica!», gli striscioni sono pronti per imporre al governo di mantenere le sue promesse. Oggi, antivigili­a della festa nazionale spagnola. A qualunque costo.

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