UN NO CENTRISTA MOLTO CRITICATO CHE FA COMODO PURE AL GOVERNO
La reazione della sinistra è indignata, dopo l’archiviazione di fatto della legge sullo ius soli. E le accuse al ministro degli Esteri, Angelino Alfano e al suo partito per avere bloccato il provvedimento, sono pesanti; confortate, peraltro, da quelle del mondo cattolico. Eppure, nelle proteste si avverte qualcosa di eccessivo e poco convincente. La sua posizione, motivata con l’esigenza di «non fare un favore alla Lega», in realtà non dispiace né al governo di Paolo Gentiloni né allo stesso Pd.
Li sottrae alla responsabilità di mettere da parte un provvedimento impopolare e divisivo per la maggioranza; e di velare le forti perplessità presenti anche tra i dem. Forzare su una legge così controversa significherebbe aprire una crepa nella coalizione, senza peraltro raggiungere il risultato dichiarato. E assecondare chi voleva e vorrebbe addirittura porre la questione di fiducia in Senato per approvarla, sarebbe un suicidio. Non per nulla, a invocarla sono l’Mdp e Sinistra italiana, che puntano a far saltare l’alleanza del Pd di Matteo Renzi con Alfano.
«Senza i centristi, al Senato mancano trenta voti anche con la fiducia», ha avvertito la ministra per i rapporti con il Parlamento, Anna Finocchiaro. E per recuperarli sarebbe necessario smetterla con «crociate e guerre di religione, senza darsi botte in testa ogni cinque minuti». Portarlo in aula sarebbe «la sua condanna a morte», conferma il capogruppo del Pd, Luigi Zanda. L’ipotesi che se ne possa ridiscutere dopo il voto sulla Legge di stabilità sa di parola d’ordine d’ufficio. Più ci si avvicina alle elezioni politiche, più la preoccupazione di perdere voti sul tema dell’immigrazione aumenteranno.
A sentire il leader di Campo progressista, Giuliano Pisapia, approvarlo porterebbe via consensi ma ridarebbe entusiasmo alla sinistra. La tesi suona piuttosto singolare e difficile da spiegare. Ma quando la ministra Finocchiaro addita l’incapacità di dialogare in Parlamento, non fotografa soltanto quanto succede sullo ius soli. L’analisi si adatta a un clima intossicato su quasi ogni provvedimento, che porta al nulla di fatto. I timori del partito maggiore anche sull’accoglienza che riceverebbe in aula qualunque ipotesi di riforma elettorale nasce su questo sfondo.
L’impressione è quella di una strategia contraddittoria, resa oscillante dal timore di incontrare ostacoli imprevisti ma certi. La somma di queste esitazioni, però, è la posizione di rendita di opposizioni che si limitano a sottolineare l’impotenza della maggioranza. E cantano vittoria. Si sente vincitore il leghista Matteo Salvini, che avverte: «La cittadinanza non si regala. Se ne facciano una ragione i buonisti e alcuni Oltretevere». L’allusione è a Vaticano sensibilissimo al tema dell’immigrazione; ma percorso perfino al suo interno da divergenze su come affrontarlo.