Duello nei 5 Stelle tra Fico e Di Maio «Non è lui il capo»
«Non sono più al vertice, c’è una bellissima continuità»
Nel primo giorno ufficiale da candidato premier del suo antagonista Luigi Di Maio, il deputato ribelle Roberto Fico resta controcorrente: «Oggi il candidato premier è capo della forza politica nel senso inteso dalla legge elettorale Italicum. Ma non è il capo della vita politica generale a tutti i livelli del M5S. Questa è una grande distinzione». Renzi: tasse insostenibili.
Braccio di ferro continuo. La designazione di Luigi Di Maio come candidato premier e capo politico del Movimento non placa le polemiche all’interno dei Cinque Stelle. Anzi. La «pace» tra pragmatici e ortodossi non dura nemmeno ventiquattro ore. «Il candidato premier non è il capo della vita generale del Movimento», puntualizza di primo mattino Roberto Fico. Parole che incendiano gli animi tra le due fazioni. Le chat dei parlamentari ribollono già dalla sera di sabato, quando il faccia a faccia tra Fico e Di Maio — immortalato anche dalle telecamere con tanto di labiale in alcuni passaggi intuibile — si è concluso con un nulla di fatto. La richiesta era quella di una presenza conciliatoria sul palco.
Il nuovo intervento getta altra benzina sul fuoco. E per spegnere un incendio che potrebbe divampare è costretto a fare una parziale marcia indietro lo stesso Fico qualche ora più tardi. «Rifiuto ogni tipo di strumentalizzazione rispetto a quanto dichiarato questa mattina riprendendo ragionamenti già fatti dai miei colleghi Toninelli, Cecconi e lo stesso Beppe Grillo. Io non ho “gelato” nessuno», spiega. I vertici, che pure cercano e invocano unità, sembrano non gradire troppo l’atteggiamento «ribelle» di Fico. Davide Casaleggio dal palco precisa: «Dovremo aiutare Di Maio tutti assieme perché dobbiamo essere una squadra di volontari ignoti». Lo stesso Grillo, ancora ai ferri corti con il leader ortodosso, ribadisce il passaggio di testimone con Di Maio: «Io non sono più il capo politico dei Cinque Stelle? È bellissimo, e c’è continuità», proprio mentre il blog festeggia il successo della kermesse riminese raccontata come l’esperienza di una comunità («oltre 50.000 persone che hanno varcato i cancelli», «più di 3.500.000 di persone raggiunte nei tre giorni solo su Facebook»).
Una comunità però che potrebbe vivere una guerriglia interna, in grado di trasferirsi dai parlamentari agli attivisti semplici. Già tra i pentastellati serpeggia qualcosa più di un malumore. La strategia degli ortodossi — sostengono nel Movimento — è quella di dimostrare che Di Maio non sia in grado di ricoprire contemporaneamente i due ruoli, candidato premier e capo politico. Il desiderio, nemmeno troppo nascosto, è ridisegnare i confini della plancia di comando.
Ma intanto gli equilibri interni si stanno modificando sia a livello parlamentare con un rinfoltimento delle file dei pragmatici, sia a livello strutturale con riposizionamento dei pesi anche a livello locale. L’intenzione è quella di non andare allo scontro tra le correnti, ma l’orizzonte è incerto. Intanto oggi Di Maio (che ieri ha dichiarato: «Rifiuto l’etichetta di partito populista») fa la sua prima uscita pubblica da leader tra i giovani imprenditori al Talent Garden di Milano. L’ultimo colpo di coda polemico, però, lo regala Grillo con uno show tra i militanti. Obiettivo: colpire la stampa. «Ora scrivete quello che vi dico io», dice ai cronisti, elargendo delle false banconote. Il gesto ha suscitato la reazione dell’Ordine dei giornalisti, che «esorta Beppe Grillo a riprendere la carriera che ha abbandonato: quella di comico».
L’attacco alla stampa «Ora scrivete quello che vi dico io», dice Grillo ai cronisti e lancia banconote false Rifiuto l’etichetta di partito populista per il Movimento 5 Stelle Dobbiamo istituire il recall per combattere i cambi di casacca Luigi Di Maio