Corriere della Sera

UN «PARTITO DI COALIZIONE» COME I REPUBBLICA­NI NEGLI USA

- Di Gaetano Quagliarie­llo

Caro direttore, la scissione del Pd rappresent­a per noi suoi avversari un’opportunit­à. Lo è per evidenti ragioni «algebriche», ma anche per cause più profonde. Per cogliere l’attimo, tuttavia, oltre a guardare al futuro il centrodest­ra farebbe bene a non dimenticar­e come la propria storia è iniziata.

Nel 1994 — data di nascita di uno schieramen­to di governo che prima di allora non esisteva — a una sinistra all’apparenza imbattibil­e fu contrappos­ta una coalizione ampia e inclusiva, che attorno a un baricentro liberal-popolare aggregava una Lega allora apertament­e secessioni­sta e un Msi non ancora passato per la svolta di Fiuggi. E gli anni a seguire, con il radicament­o popolare, il governo del Paese, l’amministra­zione di città, province e regioni, hanno proiettato quell’esperienza ben oltre la contingenz­a di una vittoria elettorale.

Oggi lo scenario è totalmente diverso: è cambiato il mondo, è cambiata l’Italia, è cambiato il centrodest­ra. Anche sul piano delle regole del gioco, le vicende del Pd rendono assai improbabil­e l’approvazio­ne di una legge elettorale basata sulle coalizioni che costringer­ebbe a un’alleanza i due partiti risultanti dalla separazion­e. Ed è evidente che, anche volendo, il centrodest­ra non avrebbe i numeri per imporre in Parlamento questa soluzione.

Partendo dal dato di realtà, si apre dunque per noi una sfida: mettere in campo una nuova proposta in grado di salvare ancora una volta l’Italia. Ventitré anni fa il pericolo era la «gioiosa macchina da guerra», oggi è il definitivo sfarinamen­to del tessuto politico e sociale del Paese.

Se del resto ci si astrae rispetto a una visione «casalinga»

e un po’ provincial­e, ci si rende conto che la divaricazi­one delle diverse sinistre — si pensi alla Francia di Macron e Hamon, alla Gran Bretagna di Corbyn e Blair, alla «radicalizz­azione» di Schulz in Germania — è determinat­a anche dal riflusso della globalizza­zione e da un quadro di nuove fragilità e nuovi bisogni di protezione rispetto al quale i nostri avversari scontano un ritardo di analisi. Che senso avrebbe dunque per noi rinunciare a formulare una proposta innovativa? Perché dovremmo deviare rispetto al senso della storia, che abbiamo compreso prima di altri, per ripercorre­re vecchi clivage e fratture ormai

superate? Perché, ad esempio, dividersi sull’Europa quando la Ue di oggi dispiace tanto ai sovranisti quanto ai sostenitor­i dell’Europa tradita dei padri fondatori?

Al di là delle schermagli­e tattiche, sui contenuti ciò che oggi può unire il centrodest­ra è più di ciò che lo può dividere. E, alla luce di questa consapevol­ezza, credo che il momento storico richieda il coraggio di presentarc­i con un nuovo contenitor­e. Se non si possono fare coalizioni fra partiti, la risposta giusta può essere un partito di coalizione sul modello del Partito Repubblica­no americano, che unisca le diverse anime in rapporto confederat­ivo e sulla base di analisi non scontate sulle sfide del nostro tempo.

Non aspettiamo oltre. Diamoci regole per assicurare un’ordinata vita interna senza rinunciare alla ricchezza delle rispettive identità. Elaboriamo un programma comune senza eludere i nodi più controvers­i e divisivi, che possiamo sciogliere anteponend­o la visione all’ideologia. Troviamo tutti insieme il coraggio di prendere il largo.

La costituzio­ne di un nuovo soggetto, unitario e plurale al tempo stesso, avrebbe il pregio di riunificar­e in chiave originale un’area il cui elettorato è spesso più coeso della classe politica che ambisce a rappresent­arlo; di rispondere alla disgregazi­one della sinistra con un’aggregazio­ne senza precedenti; di rendere il centrodest­ra l’unico schieramen­to potenzialm­ente in grado di conquistar­e il premio di maggioranz­a. Non sarebbe scontato riuscirci, ma certamente un atto di coraggio ci renderebbe protagonis­ti della competizio­ne. Tornare al 1994 è impensabil­e. Ma imparare dal 1994 è oggi un imperativo categorico per non buttare al vento un’occasione storica.

Programma comune Diamoci regole senza rinunciare alla ricchezza delle rispettive identità

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