Inchiesta Fillon, Eliseo più lontano
Il candidato del centrodestra francese aveva promesso: se mi indagano, mi ritiro
François Fillon va avanti, su due strade diverse: una porta all’Eliseo, l’altra ai tribunali, ma è quest’ultima la più scorrevole.
Ieri sera il candidato della destra teneva un comizio a Maison-Alfort, disturbato dai manifestanti con gli ormai consueti cartelli «Ridacci i soldi!», e un istante prima che cominciasse il discorso è arrivata la notizia che la procura nazionale
L’ex premier ora denuncia il complotto politico: «Saranno gli elettori a giudicarmi»
finanziaria ha deciso infine di aprire un’indagine: Fillon ha assunto la moglie Penelope e due dei suoi cinque figli come assistenti parlamentari, li ha pagati — con i soldi dei contribuenti — quasi un milione di euro lordi, e del loro lavoro non c’è traccia. Dopo le rivelazioni del Canard Enchaîné, il 25 gennaio scorso la procura nazionale finanziaria aveva cominciato un’inchiesta preliminare con il sospetto che gli impieghi fossero fittizi, un modo per garantire alla famiglia Fillon ragguardevoli entrate extra. Quella fase è terminata.
La procura a questo punto avrebbe potuto: 1) archiviare il caso; 2) rinviare subito Fillon a giudizio; 3) aprire un’«informazione giudiziaria», ovvero un’indagine affidata a giudici istruttori.
I magistrati hanno scelto la terza ipotesi, la più attesa, ipotizzando vari reati tra i quali «malversazione di fondi pubblici, abuso di beni sociali e abuso d’ufficio».
I giudici istruttori decideranno nei prossimi giorni se gli indizi sono «gravi e concordanti», e allora Fillon sarà ufficialmente indagato, oppure solo «gravi» e allora il candidato della destra avrà lo status meno imbarazzante di «testimone assistito». Questi aspetti giuridici hanno conseguenze politiche importanti, perché «Fillon indagato» è la formula che l’ex favorito all’Eliseo teme più di ogni altra cosa.
Alla fine dell’estate 2016 Fillon navigava in basso nei sondaggi in vista delle primarie della destra: i favoriti allora erano Alain Juppé e Nicolas Sarkozy. La svolta è cominciata quando Fillon proclamò, alludendo a Sarkozy e ai suoi guai giudiziari: «Chi potrebbe mai immaginare il generale De Gaulle indagato?». Da quel momento Fillon si è presentato come l’uomo della moralità nella vita pubblica, il candidato che può chiedere sacrifici ai francesi perché è lui stesso irreprensibile, e su quella base ha stravinto le primarie.
Allo scoppio dello scandalo, Fillon accorse al tg delle 20 per dichiararsi innocente, per chiedere alla giustizia di agire in fretta, e promettere: «Se sarò indagato, mi ritirerò dalla corsa all’Eliseo». In effetti i magistrati hanno poi agito in fretta, e la strategia di difesa di conseguenza è cambiata.
Fillon adesso denuncia la precipitazione dei magistrati, parla di complotto e annuncia che non ritirerà mai la candidatura, «saranno gli elettori a giudicarmi». Ma la formula «Fillon indagato» potrebbe essere fatale per la sua immagine già incrinata.
La leader populista ha rifiutato la convocazione della procura di Nanterre
La candidata del Fronte Nazionale, Marine Le Pen, ieri ha rifiutato di presentarsi davanti alla procura di Nanterre, che voleva sentirla sul caso degli assistenti che non hanno mai messo piede a Strasburgo eppure sono stati pagati con i soldi del Parlamento europeo. François Fillon e Marine Le Pen, i grandi fustigatori della corruzione delle élite, entrambi ridotti a denunciare l’ingerenza dei giudici nella vita politica.