Corriere della Sera

Zizou Mondiale L’ultima rivincita del sottovalut­ato

- Di Carlos Passerini

C’è, nel tribolato 4-2 ai Kashima Antlers che ieri a Yokohama ha consegnato al suo Real Madrid il secondo Mondiale per club, una sintesi estremamen­te fedele di Zinedine Zidane e del suo densissimo 2016: l’illusione iniziale, una faticaccia del diavolo a piegare un avversario più debole, i cattivi pensieri, l’aiuto semidivino — ieri di Cristiano Ronaldo, tripletta, con i due gol decisivi nei supplement­ari — e infine il successo, il terzo in meno di un anno dopo Champions e Supercoppa Europea. Non entusiasma Tokyo Ramos e Zidane (Afp)

ma ha vinto più lui in undici mesi che Mourinho in tre anni, fanno notare in queste ore molti commentato­ri spagnoli, gli stessi che forse da qui in poi dovranno rivedere i giudizi sulle sue qualità di allenatore. Zizou è un sottovalut­ato: non sarà spirituale come Guardiola, non trasmetter­à la paterna armonia di Ancelotti, non ha avrà l’ingegno bellico di Mou, sembra invece solo un formidabil­e ex fuoriclass­e finito in una cosa più grande di lui, troppo per lui. Non guida, accompagna. Però vince quasi sempre. I suoi molti detrattori obiettano che con tutti quei pezzi da novanta ce la farebbe anche un asino: i campioni aiutano, chiaro, ma non bastano. Altrimenti Rafa Benitez, giusto per citare il suo predecesso­re, starebbe ancora al suo posto. «Fidatevi, è più dura gestire una squadra di campioni che di brocchi» assicura spesso Fabio Capello, uno che le pieghe del madridismo le conosce bene. L’unica verità è che non perde una partita da aprile, ZZ, che ha una media di oltre due punti e mezzo a gara, che ha vinto 41 volte su 53, che è in testa alla Liga. Non grida mai «perché non serve», dice, e una volta ha spiegato di non aver paura d’essere licenziato «perché so che pri+ma o poi succederà». Silenzi e fatalismo, a volte si vince anche così.

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