FALSE NOTIZIE SU FACEBOOK, UNA PARTITA DIVENTATA COMPLICATA
Siamo in guerra contro le notizie false. Così sembrerebbe da quando l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca ha scoperchiato il vaso di Pandora della disinformazione online. Ieri Matteo Renzi ha imputato la sconfitta al referendum a un errato presidio del Web, «lasciato ai diffusori di falsità». Hanno espresso preoccupazione Obama, Hillary Clinton e papa Francesco. E Angela Merkel non ci sta a finire nella lista degli sconfitti (in)consapevoli e delle presunte vittime della cyber Russia. Tanto che Berlino sta valutando se imporre per legge a Facebook la rimozione dei contenuti fasulli entro 24 ore, pena multe fino a 500 mila euro. Dal canto suo Mark Zuckerberg ha già reagito (mediaticamente) alle pressioni: ha annunciato di aver attivato la verifica alle notizie da terze parti e contrassegnerà quelle potenzialmente false, per ora solo negli Usa. La Germania va alle urne nel 2017 e non ha intenzione di aspettare. Anche perché il Pew Research Center ha ormai confermato che per il 62 per cento degli americani le news generano confusione sui fatti d’attualità. Tutti uniti, quindi. Attenzione però a non creare un pericoloso «ministero della Verità» da cui mette in guardia Walter Quattrociocchi, coordinatore del CssLab dell’Imt di Lucca. La definizione netta del fenomeno delle assurdità online sembra effettivamente per ora scolpita più che altro dal bisogno di trovare un nemico comune. Ma la partita è più complicata. Si intersecano falsità diffuse per fare clic, e dunque per ragioni economiche, propaganda politica tecnologicamente sempre più raffinata e campagne per diffondere l’odio online, contro cui si sta spendendo la presidente della Camera Laura Boldrini. Ci si interroga sulla responsabilità delle piattaforme e sulla difficoltà dei media e della politica a presidiarle nel modo corretto. Tutti, questo sì, in bilico sul confine tra verità e post verità.