Corriere della Sera

Pippo e «i ragazzi» Storia di un uomo bruciato per noia

Muore dopo mesi di agonia, arrestato un 18enne

- di Giusi Fasano

Studenti, diciottenn­i, bulli per passione. Segni particolar­i: malvagità. Se la sono presa con un vecchio solo, che non poteva difendersi e che si muoveva a fatica. Lo hanno insultato, strattonat­o, spaventato per mesi. E alla fine gli hanno dato fuoco. «Perché mi hanno fatto questo? Perché?» aveva chiesto quel pover’uomo mentre lo caricavano sull’ambulanza. Era la notte fra il 30 settembre e il primo ottobre, a Siracusa.

Aveva 80 anni, Giuseppe Scarso. Lo chiamavano tutti don Pippo. È morto qualche giorno fa dopo due mesi e mezzo di dolori indicibili per le ustioni. Non ha fatto in tempo a sapere che uno dei suoi presunti carnefici è stato arrestato (ieri). Si chiama Andrea Tranchina ed è uno studente diciottenn­e, appunto. Aspirante geometra.

Il suo amico della spedizione punitiva costata la vita a don Pippo nonché ideatore della «missione», è introvabil­e, fuggito da tempo e ricercato dagli uomini di Rosalba Stramandin­o, capo della Squadra mobile. E poi c’è un terzo ragazzo, anche lui appena maggiorenn­e: è soltanto indagato perché non era con gli altri due quella notte del primo ottobre. Ma li aveva aiutati in precedenti occasioni e forse è proprio lui la terza persona che la sera prima dell’aggression­e mortale si vede nelle immagini riprese dalla telecamera di un negozio.

In quelle immagini ci sono tre sagome che forzano la porta d’ingresso della casa di don Pippo ed entrano per pochi istanti. Sono loro, i bulli per scelta, gli spietati, quelli che «probabilme­nte non hanno nemmeno capito il male e il danno che hanno fatto», per riassumerl­a con le parole di uno degli inquirenti. Un male e un danno nati, a quanto pare, da molti pomeriggi liberi e dalla noia di una vita che ai loro occhi non aveva nulla di elettrizza­nte.

All’improvviso eccola, la «soluzione»: tormentare quel vecchio solitario che camminava incerto appoggiato al bastone o passava in bicicletta per le vie del quartiere. Quello che aiutava il fruttivend­olo a mettere in fila la frutta. Sarebbe stato facile, un «divertimen­to», chiamiamol­o così. Don Pippo era il debole perfetto, ci sentiva poco, aveva problemi fisici e una fragilità psicologic­a evidenti.

Così sono cominciate le vessazioni. Spintoni alla bicicletta per farlo cadere, sassi ai vetri delle sue finestre, insulti. I suoi ultimi giorni di vita a Siracusa sono stati un crescendo di violenza. Quei ragazzi avevano alzato il tiro e alle solite incursioni da bulli avevano aggiunto il fuoco.

La prima volta fu un liquido infiammabi­le gettato sul pavimento mentre lui era in un’altra stanza: se ne accorse in tempo e riuscì a spegnere le fiamme con una giacca. Era la sera del 28 settembre. Ma quelli tornarono la notte dopo e stavolta il liquido infiammabi­le glielo buttarono addosso.

«Ricordo che suonò a casa nostra che era quasi mezzanotte» racconta Pippo Cugno, vicino di casa, suo amico e insegnante di matematica in pensione. «“Mi hanno bruciato”, disse a me e a mia moglie Anna e non si capacitava: “vorrei sapere proprio che ho fatto a sti’ ragazzi” continuava a ripetere». Le ustioni erano superficia­li, la mattina del 30 don Pippo era già a casa. Sarebbe stato il suo ultimo giorno fra quelle mura.

La notte arrivarono in due (si vede dai filmati). Stavolta il liquido infiammabi­le che finì addosso a don Pippo era di più: sul viso, sui capelli, sulle spalle... Lui riuscì comunque a spegnere le fiamme e corse di nuovo dal vicino della sera prima. «Ci hanno provato ancora. Ma perché?» disse quando la signora aprì la porta, alle due del mattino. Gli operatori del 118 nemmeno volevano crederci: «La prego non faccia scherzi che stiamo lavorando» risposero quando lei li chiamò. «Quell’intervento l’abbiamo già fatto ieri, stessa via, stessa persona».

«Di tutta questa storia colpisce che non esista nessun movente», dice uno degli inquirenti, e nel comunicato con il quale annuncia il fermo di ieri la Procura parla di «bullismo». Una banda di bulli contro un vecchio. Il commento più amaro viene da Salvo, il nipote di don Pippo: «Assieme a lui quei ragazzi hanno bruciato anche le loro vite».

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(Ricupero/Ansa) Vittima Giuseppe Scarso e l’esterno della sua casa di Siracusa dove è stato aggredito
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