Il Chinese style e l’esperimento di Max Mara
A Shanghai sfila la capsule ideata con l’artista Liu Wei: una nuova idea di praticità per cyberdonne Maramotti: gli orientali presto ci sorpasseranno, un’evoluzione che vogliamo seguire in presa diretta
Sculture satellite. Geometrie urbane — sfere, cilindri, coni specchianti — ridisegnano la mappa dello Shanghai Exhibition Centre, costruito nel 1955 per celebrare l’amicizia sino-sovietica. È qui che l’artista Liu Wei — 45 anni, originario di Pechino — reinterpreta con un deliberate clash, una collisione voluta, l’architettura in stile Impero con dettagli staliniani per la sfilata-evento «Monopolis!» di Max Mara. Ed è il cortocircuito la cifra della collaborazione con il brand italiano, presente in Cina da oltre vent’anni con una rete di 400 punti vendita. Tradotto: sì alla fratellanza creativa, no alla confusione.
Per la linea pre-fall 2017, la capsule presentata giovedì nella megalopoli da 24 milioni di abitanti, le convergenze parallele tra Wei e il gruppo emiliano si sono sviluppate attorno a un interesse comune. «Come sarà la super city del futuro? Vive solo nell’immaginario o nell’inconscio — riflette l’artista —, ma l’idea stessa è inquietante: fa pensare alla disperazione, nel senso di essere schiacciati dalla massa». «La città è sempre stata nel Dna di Max Mara — ricorda il direttore creativo, Ian Griffiths —: la nostra sfida è renderla migliore e più godibile».
Lo yin e lo yang, insomma: da un lato l’entropia, dall’altro l’equipment, il guardaroba di sopravvivenza per le donne (postumane?) degli anni Duemila. Se è vero che a colpire Griffiths sono stati i cityscape di Wei, paesaggi realizzati con lo stesso materiale dei giochi masticabili per cani, il fashion designer vuole interagire con chi abita o lavora oltre le facciate impenetrabili dei grattacieli. Con abiti funzionali e versatili «che una volta indossati — sottolinea lo stilista — non devi più preoccuparti di come sei vestito».
Evoluzione delle icone degli anni Ottanta, quelli del power dressing, ovvero: dalla divisa per donne in carriera, cappotto e tailleur, alla libertà di essere se stesse. «Dopo aver scalato molte posizioni — sottolinea Griffiths — l’approccio femminile è cambiato, cerca un’espressione più giovane e adattabile ai diversi momenti della giornata. Per l’uomo è più facile, con un gessato o un principe di Galles è pronto per ogni eventualità». Eleganza, praticità e gusto neoclassico: è la sintesi del contemporaneo nella collezione proposta a Shanghai per il prossimo autunno. Le modelle incedono come cyber silfidi tra le formetotem di Wei, meteoriti atterrati in passerella dal Big Bang metropolitano: guerriere di una futuribile società distopica, un po’ Romanzo di Mildred
un po’ Blade runner. Issate su stivali stringati al ginocchio, si infilano in abiti strizzati in vita, tute dalle stampe mimetiche reinventate nella palette e gonne di tulle. Preziosi i tessuti: cashmere, cammello e alpaca tagliata al laser. Da famme fatale gli accessori: occhiali multi-layer e guanti vinilici a metà tra il burlesque show e il tavolo dell’anatomopatologo.
Spettacolo totale — arte, moda, musica innaffiati da ostriche e champagne nell’after party — la sfilata di Max Mara è stata anche un esperimento socio-antropologico: «Perché il nuovo Chinese style presto ci sorpasserà — immagina Luigi Maramotti, presidente del gruppo —. Gli orientali stanno metabolizzando la modernità con un’accelerazione evolutiva senza precedenti che vogliamo seguire in presa diretta».
Moda e arte Le modelle incedono tra le forme-totem di Wei, meteoriti del Big Bang metropolitano