Corriere della Sera

Le piccole epifanie quotidiane che illuminano il presente

Nelle «Istantanee» di Claudio Magris nevrosi, debolezze e virtù del nostro tempo

- Di Cristina Taglietti

«Anche il cuore ha le sue latrine» diceva Gustave Flaubert e anche in quelle uno scrittore deve entrare. Cita il grande autore francese Claudio Magris in una delle sue «Istantanee», brevi fulminazio­ni letterarie in cui una scena, un’immagine, un dialogo, suscitano una riflession­e sulla vita (e spesso sulla morte). Magris scrive le sue Istantanee da quasi vent’anni sul «Corriere della Sera» e ora le ha raccolte in un volume in uscita domani dalla Nave di Teseo, nei Fari, la collana inaugurata con le «Bustine di Minerva» di Umberto Eco (Pape Satàn aleppe), pochi giorni dopo la morte del semiologo.

Una raccolta «senza un filo logico, ma soltanto cronologic­o» come spiega lo stesso Magris, «che non parte da una visione del mondo, da una conoscenza approfondi­ta di un tema, ma da occasioni quotidiane che non si possono provocare: immagini che ti entrano dentro, parole, l’espression­e di un viso». Quarantott­o testi scelti tra i tanti scritti dal 1999 al 2016 («ho eliminato quelli che, per tante ragioni, mi sembravano più fiacchi, ma anche quelli in cui l’osservazio­ne morale diventava troppo esplicita»), chiusi tra un lemma del Grande dizionario della lingua italiana di Salvatore Battaglia secondo cui l’istantanea è «eseguita con un tempo di esposizion­e molto breve, senza l’impiego di un sostegno», e una citazione di Aldo Palazzesch­i («la morte fu istantanea»).

Magris contiene nella sua opera una doppia anima. Da un lato ci sono la grande architettu­ra romanzesca — come in Non luogo a procedere, il libro uscito lo scorso anno da Garzanti — e gli studi approfondi­ti e appassiona­ti del germanista. Sono questi i «libri che nascono — spiega lo scrittore — dal desiderio di dire sempre tutto. È una sorta di ingordigia, di ansia, anche di amore, che ho avuto fin da bambino, quando non riuscivo a completare nel tempo previsto il tema assegnato dalla maestra e poi, il giorno dopo, invece di ricomincia­re da dove ero rimasto, iniziavo da capo». Dall’altro lato c’è «il senso di queste improvvise epifanie, illuminazi­oni di cui siamo debitori al mondo e che possono nascere anche soltanto dall’aprire una finestra».

Le «Istantanee» sono anche ritratti autobiogra­fici fatti un po’ di sbieco, dove l’autore non è mai un protagonis­ta in primo piano, ma è presente come osservator­e discreto e ironico, pronto a riconoscer­e e denunciare, nelle debolezze del prossimo, anche le proprie. Fa eccezione a questa impostazio­ne l’ultima «Istantanea» che non a caso è stata intitolata «Selfie» e ritrae un iroso automobili­sta bloccato da un’auto abusivamen­te posteggiat­a davanti all’ingresso del garage e occupata soltanto da un’incolpevol­e e spaventata bambina di sette o otto anni.

La biografia di Magris ricorre, naturalmen­te, nei luoghi e negli ambienti: la sua città, Trieste, e in particolar­e la riviera di Barcola, quella sottile striscia di spiaggia libera che costeggia la strada principale di accesso alla città, dove lo scrittore, insieme ad altri habitués, è solito fare il bagno. È lì che, per esempio, Magris osserva due bambini, lui bianco italiano, lei tedesca nera come l’ebano, che giocano insieme. Quando lui viene rimprovera­to per una monelleria condivisa, protesta che, allora, bisogna rimprovera­re anche la bambina, «quella che parla che non si capisce niente», non passandogl­i nemmeno per la mente di identifica­rla con il colore della sua pelle. Sempre lì vede un attempato e corpulento signore pronto ad affrontare da solo (con grande sollievo dell’autore-osservator­e) un gruppo di giovani bulli che molestano una ragazza, diventare, subito dopo, mansueto agnello di fronte alla moglie che lo rimbrotta per aver fatto il bagno nell’acqua fredda, essersi levato la canottiera, aver fumato una sigaretta.

Il mondo accademico e letterario è un altro set obbligato in cui analizzare tic e debolezze, anche entrando in dettagli che possono apparire lievemente pruriginos­i e che invece segnano cambiament­i dei costumi (chi può ospitare nella sua camera d’hotel il professore invitato a un convegno; l’affollamen­to al buffet post-conferenza). Gli scompartim­enti dei treni o i tavoli dei ristoranti offrono buone postazioni da cui osservare dinamiche di coppia e relazioni sentimenta­li. E mentre nei romanzi

Lo scrittore osserva con spirito ora bonario ora caustico, ritraendo, di sbieco, anche se stesso

di Magris i rapporti sono sempre visti nel loro aspetto amoroso, qui il tono è spesso più acre, anche se bonario. Fanno la loro apparizion­e, con moderazion­e, politici e personaggi pubblici, temi di dibattito (Gli embrioni orfani), tic della società dei consumi (La maledizion­e del numero verde), velleità del mondo artistico (Nella galleria di Castelli). Soffia, in questi testi che offrono anche puntate in India o nei Paesi nordici, l’aria della Mitteleuro­pa. Domina su tutto la caustica leggerezza dello scrittore che cuce insieme pubblico e privato, grandi scenari e comportame­nti individual­i gettando una luce fioca ma sempre rivelatric­e sul nostro caotico presente.

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Qui sopra: «Le parc des sources», opera del 1970 dell’artista britannico David Hockney (1937)

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