Corriere della Sera

UN INCROCIO PERICOLOSO TRA L’ECONOMIA E IL 4 DICEMBRE

- di Massimo Franco

Ibersagli dello scontro sul referendum istituzion­ale cambiano quasi quotidiana­mente. Da qualche giorno, tuttavia, la sensazione è che l’offensiva del No sia destinata a spostarsi sulla politica economica. Ieri è toccato al ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, essere attaccato: come se fosse diventato il parafulmin­e delle critiche a Matteo Renzi; è un bersaglio facile in quanto sostenitor­e del Sì e titolare di un dicastero strategico. A colpire non sono stati soltanto i rilievi di Bankitalia, Corte dei conti e Ufficio parlamenta­re di bilancio sull’eccessivo ottimismo in tema di ripresa.

Sono stati anche i toni. In modo casuale ma corale, istituto di emissione, magistratu­ra contabile e Camera sono arrivati alle stesse conclusion­i sul Def del governo, bocciando le previsioni dell’1 per cento di crescita per il 2017. Nelle stesse ore, Padoan ha additato un’eventuale vittoria dei No come foriera di un clima generale di sfiducia. Ma questo ha accentuato la polemica. Le opposizion­i parlano di conflitto istituzion­ale, sebbene Renzi si dica sicuro delle previsioni. «Tra un anno si vedrà chi ha ragione», afferma. Il problema, però, non sono i decimali in eccesso o in difetto.

A preoccupar­e è l’intreccio tra campagna referendar­ia e andamento dell’economia. I dati scoraggian­ti sulla ripresa indebolisc­ono una campagna già difficile. E l’insistenza di Palazzo Chigi sulle incognite che si aprirebber­o in caso di bocciatura delle riforme, dirotta sul governo l’accusa di creare un allarme esagerato. Padoan ieri si è difeso spiegando che «se c’è un timore che lega l’esito del referendum alla stabilità dei mercati, non è qualcosa che ho messo in giro io: è qualcosa che gli investitor­i fanno regolarmen­te da settimane».

Il ministro assicura che si sta cercando di convincerl­i del contrario, «ma è molto difficile». L’argomento è delicato e insieme cruciale. Da una parte, Renzi e i suoi ministri non possono equiparare Sì e No: ne va della loro credibilit­à e della loro strategia. Dall’altra, rischiano di apparire messaggeri di sventure in caso di sconfitta. Si tratta di un equilibrio difficile da trovare, che fa dire agli avversari: il governo asseconda il pessimismo dei mercati per paura di perdere. E il M5S ne approfitta per sostenere che Renzi «trucca le carte per non ammettere che il Paese è fermo»: tesi scontata.

Il premier martella: il referendum è contro la burocrazia, non contro la democrazia. Ma deve registrare la freddezza che comincia ad affiorare oltre confine sul merito delle riforme. Il Financial Times, di solito ben disposto verso di lui, ora scrive che «le riforme di Renzi sono un ponte costituzio­nale che non porta da nessuna parte». Per fortuna, il capo del governo non si scoraggia. «Io continuo a divertirmi a fare questo mestiere», assicura. «Vedo che si divertono anche altri ad attaccarmi, quindi ci divertiamo in tanti». Ed è disponibil­e a sfidarli tutti in tv, ma «tenendosi il tempo per governare».

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