IL CREDO DI RAIOLA: MEDIAZIONE E FATTURAZIONE
Lontano da Rio, lontano dalla ribalta olimpica, il vincitore dell’estate ha un solo nome, Mino Raiola. A Manchester ha portato Paul Pogba, Ibrahimovic e Mkhitaryan, e in cambio è stato ricoperto d’oro. Per Pogba, Mino ha incassato 25 milioni dalla Juve e altri 10 dal Manchester United. Ancora 8 sono arrivati sempre dallo United per l’affare Mkhitaryan con il Borussia D. Altri 6-7 (e la stima è al ribasso) Raiola li fattura grazie alle commissioni sugli ingaggi dei suoi assistiti.
Di mestiere Mino fa il procuratore, il mediatore di calciatori. Secondo il Daily Mail il manager, nato a Nocera Inferiore ma cresciuto in Olanda, avrebbe acquistato a Miami per 8 milioni di euro la mega villa appartenuta ad Al Capone. Questo forse per compiacere l’amico Ibra che scherzando lo paragona ai Soprano. Molti lo trattano ancora con sussiego considerandolo un parvenu, i colleghi italiani lo guardano con sospetto.
Intanto però, la «Mino Raiola Spa», con sede a Montecarlo, governa il mercato calcistico.
Ma il vero paradosso è un altro: nell’era «Uber-Amazon-Netflix-Airbnb» in cui ovunque trionfa la disintermediazione (via i corpi intermedi, via i filtri, via i sensali), il mondo dello sport e quello dello spettacolo (i mondi più infantili?) sono ancora legati alla «mediazione» e, ovviamente, alle provvigioni.
Se per la politica la mediazione sta diventando un vecchio feticcio, per Raiola è ancora fatturazione.