Corriere della Sera

Quando il detenuto Moez era il «povero amico» di anarchici e brigatisti

Lettere dal carcere italiano del reclutator­e Abu Nassim Islamisti e «compagni» uniti nella lotta antimperia­lista

- Gianni Santucci

Rivolgendo­si ai nuovi «compagni», anarchici e neobrigati­sti, si firma così: «Il vostro povero amico Moez, che si sveglia sempre alle 2 per parlare da solo come un pazzo a causa delle torture subite». La lettera viene spedita dal carcere di Rossano Calabro (Cosenza). È datata 30 maggio 2010 e arriva a Milano poco dopo. Il «povero amico» è Fezzani Moez Ben Abdelkader (detto Abu Nassim): oggi colonnello dell’Isis in fuga dalla Libia. Secondo alcune fonti, non confermate, Fezzani sarebbe stato arrestato qualche giorno fa, ma è interessan­te sapere chi sono gli «amici» a cui scriveva prima della condanna e l’espulsione dall’Italia (nel 2013). Abu Nassim indirizzò la sua lettera all’associazio­ne «Ampi orizzonti», che l’ha inserita in un ampio dossier «OLGa» («è Ora di Liberarsi dalle Galere»): il bollettino anti carcerario degli anarchici milanesi. Quel fascicolo racconta l’abbraccio solidale che, da un decennio, lega i «neri» e le nuove Br ai terroristi islamisti (definiti «prigionier­i di guerra arabi»). Si sono ritrovati «compagni di strada» su un terreno comune: contro «l’imperialis­mo americano» e «Mi sveglio sempre alle 2 per parlare da solo come un pazzo a causa delle torture subite» i reparti di isolamento nei penitenzia­ri italiani.

La testimonia­nza più profonda di questo legame sta in un’altra lettera di solidariet­à ai condannati islamisti, anch’essa contenuta nel dossier «Guantanamo italiane — Dalle sezioni speciali per araboislam­ici» (2014), che porta la firma dei maggiori «prigionier­i politici» delle Nuove Brigate Rosse (tra cui Alfredo Davanzo e Claudio Latino). Pur chiarenci «Ero legato al muro coi ferri, come i gladiatori romani, musica rock 24 ore su 24» do che «ci distingue la concezione del mondo», dal carcere di Siano (Catanzaro) affermano: «Siamo solidali con la loro lotta contro il carcere dello Stato imperialis­ta italiano». L’isolamento dei condannati islamisti ha un obiettivo primario: contenere il reclutamen­to in carcere dei detenuti per reati «comuni».

Abu Nassim si radicalizz­ò nella moschea di viale Jenner nel 1993. Partì come mujaheddin per la guerra in Bosnia. Tornato a Milano, divenne un reclutator­e per l’invio di combattent­i di Al Qaeda in Afghanista­n. Poi si spostò a fare lo stesso «mestiere» in Pakistan, dove venne fermato dagli americani e tenuto per 7 anni a Bagram. Ai «compagni» anarchi- La condanna In Italia Abu Nassim è stato condannato a 6 anni Interrogat­ori di Abu Nassim con i magistrati italiani nel 2009/2010 Il dossier Nel 2014 gli anarchici milanesi raccolgono in un dossier contro le carceri le testimonia­nze di alcuni detenuti condannati per reati collegati al terrorismo islamista

e comunisti raccontava questa esperienza: «Ero legato al muro con i ferri, come i gladiatori romani, ricoperto dal suono della musica rock 24 ore su 24... Non dovrei trovarmi in carcere perché ho diritto all’asilo politico, perché dopo 7 anni nell’inferno di Bagram sono stato considerat­o innocente». Riconsegna­to all’Italia ed espulso prima della condanna, dalla Tunisia Abu Nassim ha scalato le gerarchie dell’Isis. L’abbraccio con gli estremisti italiani è stato politico, mai «operativo». Nell’ambiente anarchico e neobrigati­sta c’è stato un duro dibattito interno sull’amicizia con i «compagni (islamisti) che sbagliano».

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy