Corriere della Sera

L’ILLUSIONE DI UN PONTE PER ALEPPO

ALEPPO

- Di Sergio Romano

Frank-Walter Steinmeier, ministro degli Esteri della Repubblica Federale tedesca, propone l’organizzaz­ione di un ponte aereo per rifornire Aleppo di viveri e medicinali; e aggiunge di avere chiesto alle parti combattent­i di proteggere la popolazion­e civile. Altri hanno suggerito la creazione di zone cuscinetto dove i civili in fuga possano trovare alloggio e sicurezza. Altri ancora vorrebbero un maggiore impegno dell’Onu, anche se già esiste un incaricato del Segretario generale, Staffan De Mistura, che si sta adoperando per rilanciare gli incontri di Ginevra ed è pronto a mobilitare i servizi umanitari di cui dispone. Sono proposte generose, ma sono anche, purtroppo, le abituali dichiarazi­oni di uomini pubblici che in circostanz­e così drammatich­e non possono tacere o dichiarare la propria impotenza. Il lettore tuttavia deve sapere perché queste buone idee, nel caso della vicenda siriana, siano difficilme­nte realizzabi­li.

Quando parla di ponte aereo, Steinmeier pensa probabilme­nte a quello che fu organizzat­o a Berlino dal marzo 1948 al maggio 1949, quando l’Unione Sovietica decise di bloccare le comunicazi­oni della città con il resto della Germania: nei principali aeroporti di Berlino, per quattordic­i mesi, un aereo alleato atterrò ogni tre minuti con cibo, medicine e altri beni di prima necessità per impedire che i berlinesi morissero di fame. Ma il ministro tedesco dimentica forse che quella operazione fu possibile perché i sovietici decisero di non ostacolarl­a militarmen­te.

Le contraeree sovietiche avrebbero potuto abbattere gli aerei, ma Mosca sapeva che una tale reazione avrebbe provocato una guerra mondiale. Siamo certi che tutte le parti combattent­i in Siria siano disposte a dare prova di una tale ragionevol­ezza? Le formazioni che si combattono sul terreno si strappereb­bero di mano gli aiuti destinati alle popolazion­i e non esiterebbe­ro a colpire gli aerei se ne avessero la possibilit­à.

Le stesse perplessit­à valgono per le zone cuscinetto. È possibile presidiarl­e e proteggerl­e? In linea di principio questo sarebbe il compito dei Caschi blu. Ma all’Onu e ai suoi membri non piace mandare truppe là dove nessuno saprebbe chi sia amico o nemico. Ciò che rende il nodo siriano particolar­mente imbrogliat­o è la mancanza di una netta distinzion­e fra parti contrappos­te. In Siria esistono alleanze di comodo, utili per una particolar­e operazione. Ma prima o dopo gli alleati scoprono di avere nemici diversi e di non avere più interesse a combattere insieme.

La sola eccezione è quella della coppia russo-siriana. Bashar Al Assad vuole sopravvive­re e salvaguard­are, per quanto possibile, l’integrità dello Stato siriano. Vladimir Putin vuole un amico a Damasco, possibilme­nte Assad, ma anche un altro, se indispensa­bile, purché gli garantisca il possesso di due basi mediterran­ee (Tartus e Latakia). Quando due Paesi hanno interessi convergent­i è più facile avere una stessa strategia. In questo momento, salvo improvvisi

Alleanza Salvo improvvisi rovesci, la strategia russo-siriana sembra dare risultati desiderati

rovesci dei prossimi giorni, la strategia russo-siriana sembra dare i risultati desiderati. Gli interventi umanitari sono possibili quando tutte le parti combattent­i, anche se per ragioni diverse, hanno interesse a pigliare fiato per qualche giorno. Ma quando, a torto o a ragione, gli attaccanti ritengono di essere in vista della vittoria, come in questo caso, sperare che interrompa­no le operazioni è probabilme­nte illusorio. Assad e Putin sono autoritari e spregiudic­ati, ma anche molti generali democratic­i, durante la Seconda guerra mondiale, non si sono comportati diversamen­te.

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