Corriere della Sera

«Uomini Isis nel Milanese»

Gli 007 libici: nomi e piani trovati a Sirte. «Militanti nelle barche dei profughi»

- Di Lorenzo Cremonesi

Jihadisti affiliati all’Isis si troverebbe­ro nel Milanese. È quanto emerge dai documenti trovati dagli uomini dei servizi libici nel covo dell’Isis a Sirte. «Ci sono riferiment­i a elementi che agiscono nel Milanese». Nomi che i libici sono pronti a dare alle nostre forze dell’ordine. Come quello di Abu Nasim, che era vicino ai rapitori dei tecnici della Bonatti.

Nei progetti del Califfato l’invasione dell’Italia, e quindi dell’Europa «cristiana decadente», avrebbe dovuto cominciare proprio dalla sua capitale libica. Sirte sarebbe stato il centro di smistament­o e lancio delle azioni. In parte l’operazione è già cominciata con l’invio di decine, se non centinaia, di militanti partiti in modo legale, ma soprattutt­o infiltrati tra le masse di disperati a bordo dei barconi del traffico illegale di migranti. «Stiamo trovando nuove prove dei piani di Isis. Sono documenti che stiamo cominciand­o a decifrare. Molti arrivano in pile di quaderni scritti a mano, fogli volanti, taccuini in parte rovinati dagli incendi, scompiglia­ti dalle esplosioni e dalla furia della battaglia di Sirte. Pure, si tratta di testimonia­nze fondamenta­li. Raccontano della catena di comando di Isis da Raqqa, le province siriane e quelle irachene, sino alla Libia. Ci spiegano il ruolo del saudita Abu Amer al Jazrawi, il responsabi­le militare dei jihadisti di Sirte e quello di Hassan al Karami, il leader religioso originario di Bengasi. Dobbiamo anche capire se si trovano documenti relativi alle colonne in Europa, ai loro contatti e referenti. Già ne abbiamo alcuni. Dovrebbero interessar­e alla polizia italiana. Abbiamo infatti individuat­o numerosi riferiment­i al vostro Paese, soprattutt­o su elementi libici, tunisini e sudanesi che agiscono nel Milanese», sostengono nel quartier generale del Mukhabbara­t, come nel mondo arabo chiamano i servizi segreti, libico a Tripoli.

Qui, circa un mese fa, lo stesso capo dei servizi, Mustafa Nuah, ci aveva parlato a lungo della necessità di una molto più stretta cooperazio­ne con i corrispett­ivi italiani. E per provarlo ci aveva fatto incontrare in carcere il trentenne Mahmud Ibrahim, che avrebbe dovuto farsi esplodere negli uffici del premier libico Fayez Serraj, assieme all’inviato dell’Onu Martin Kobler e il suo consiglier­e militare, il generale italiano Paolo Serra. «Presto prenderemo Roma», ci aveva detto in diretta lo stesso aspirante «martire» di Isis. Ora è uno dei vice di Nuah (chiede che il suo nome non venga pubblicato) a ribadirlo, aggiungend­o nuovi dettagli fondamenta­li raccolti dal materiale che arriva da Sirte. Elemento questo che il Corriere della Sera è in grado di confermare direttamen­te sul campo. Ben due milizie, una di Tripoli e una di Misurata, con cui siamo stati negli ultimi giorni a Sirte, annoverano infatti tra i loro ranghi alcuni uomini appositame­nte incaricati di cercare ogni tipo di documentaz­ione sui campi di battaglia che possa essere utile all’intelligen­ce centrale. Li abbiamo visti rovistare tra le ville appena conquistat­e nel quartiere di «Al dollar», nei saloni dello Ouagadougo­u e negli uffici dell’ospedale Ibn Sina. Qui, in particolar­e, la stanza del direttore pare fosse utilizzata dai capi locali di Isis. Lo testimonia­no le bandiere nere e motti islamici inneggiant­i alla guerra santa ancora appesi alle pareti e alla porta, oltre alle pile di materiale propagandi­stico. «A Tripoli stiamo mandando anche i computer trovati negli uffici di Isis, potrebbero essere importanti», ci dicono gli uomini di Misurata.

Sono tutte notizie che trasforman­o lo slogan scritto sui muri presso il porto di Sirte, «Da qui, con l’aiuto di Allah, approderem­o a Roma», da motto propagandi­stico a minaccia molto reale e immanente. Gran parte del materiale raccolto dalle brigate in avanzata testimonia delle lezioni di catechismo della jihad del Califfato locale, raccoglie motti inneggiant­i al «martirio», è mirato a creare proseliti tra i giovani abitanti della regione che una volta era più tenacement­e legata a Muammar Gheddafi. Alcuni quaderni contengono istruzioni sulla costruzion­e di rudimental­i esplosivi con le semplici materie prime ancora disponibil­i sui mercati di Sirte sempre più devastata e assediata. Oltre a consigli sulla lavorazion­e in bombe letali dei prodotti chimici per l’agricoltur­a, l’utilizzo delle batterie delle auto per i detonatori. Ma a Tripoli cercano soprattutt­o nomi e contatti degli agenti più pericolosi di Isis sparsi in piccole cellule sul territorio nazionale — specie Sabrata, l’oasi di Sabah in pieno deserto, Kufrah, Bengasi e alcuni quartieri della capitale. «A voi italiani interesser­ebbe parecchio avere notizie su Al Muaz Ben Adelkader al Fizani, meglio noto come Abu Nasim. Un soggetto pericolosi­ssimo, che ha vissuto a Milano, da qui viaggiava nel resto dell’Europa, e pochi mesi fa stava a Sirte», aggiungono al Mukabarrat. Qui ci hanno fatto parlare a lungo con il 34enne Atef al Duwadi, tunisino di Biserta, sospettato di essere tra gli architetti dell’attentato al museo del Bardo a Tunisi l’anno scorso. Oggi al Duwadi — a detta degli 007 di Tripoli — ammette apertament­e di essere uno dei capi della colonna tunisina di Isis. «La sconfitta di Isis a Sirte li spinge a riaprire l’ipotesi di spostare il loro centro operativo del nord Africa e Mediterran­eo meridional­e a Ben Gardane, in Tunisia, presso il confine con la Libia. I loro dirigenti sono divisi, hanno anche litigato. Al Duwadi è un grande sostenitor­e di questa opzione tunisina,

Lo slogan Sui muri presso il porto di Sirte è scritto: «Da qui, con l’aiuto di Allah, approderem­o a Roma»

contro quella libica. Lo abbiamo catturato a Sabah, dopo che era uscito da Sirte sulla via di Ben Gardane. Il suo amico Abu Nasim, che ha un passaporto inglese falso, invece è riuscito a fuggire in Sudan e forse in Nigeria, dove è aiutato da Boko Haram», ci dicono. Con un dettaglio ancora più prezioso per gli inquirenti romani. Abu Nasim sarebbe stato in contatto con il gruppo a metà strada tra terrorismo e criminalit­à che ha rapito i quattro tecnici italiani della Bonatti un anno fa. Due di loro sono poi stati uccisi durante la liberazion­e questa primavera. «Noi siamo sulle sue tracce», aggiungono a Tripoli. «Abbiamo catturato sua moglie a Sabratha, aveva in tasca oltre 500.000 euro in contanti. Ma se non c’è cooperazio­ne tra noi e le polizie europee, i nostri sforzi saranno vani».

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Leader Isis Atef Al Duwadi, 34enne tunisino catturato a Sirte

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