Corriere della Sera

«La Snam? Rende il 10% l’anno Dal 2018 esporterem­o gas in Europa»

Alverà: un nuovo impianto di rigassific­azione? Un progetto da valutare

- di Daniela Polizzi e Stefano Agnoli

Ha appena concluso un round di 70 incontri per spiegare agli investitor­i che hanno il 69% di Snam il piano industrial­e al 2020: «Sono fondi inglesi, americani, canadesi che gestiscono migliaia di miliardi. Una società che fa solo attività regolate è piaciuta». Marco Alverà, 40 anni, da tre mesi è amministra­tore delegato del numero uno europeo dei gasdotti e al mercato ha promesso di investire 4,3 miliardi in Italia per farne un pivot nella gestione dei flussi di gas in Europa. «La partecipaz­ione dei fondi è sempre più attiva, come si è visto nelle ultime assemblee. Si ragiona anche sul possibile adeguament­o dello statuto, che non è mai stato cambiato da quando Eni aveva il 52%».

La società non ha più alle spalle l’Eni e ora separa Italgas. Si può conciliare questo snelliment­o con ambizioni forti?

«Snam ha creato un ritorno del 500% per gli azionisti dalla quotazione. E adesso la decisione di staccare Italgas è stata presa proprio perché le ambizioni delle due società non erano più realizzabi­li assieme. Snam ha un piano da 4,3 miliardi che fanno della società uno dei maggiori investitor­i del Paese. Italgas da parte sua ne investirà 2, cui si aggiungono tra 1 e 1,5 miliardi per le nuove gare che stanno partendo. Tra queste, Torino e altri centri del Nord.

Che prospettiv­e per gli investitor­i?

«Alle quotazioni attuali, il dividendo di Snam assicura un rendimento di circa il 5%, e nei prossimi due anni il dividendo è previsto in aumento del 2,5% all’anno, tutto coperto con i flussi di cassa. In più abbiamo una flessibili­tà che potremo usare per acquistare azioni proprie o per altri investimen­ti. L’utile netto è previsto in crescita del 5% medio all’anno, quindi il rendimento totale tra cash e crescita sarà circa del 10%».

Come investiret­e i 4,3 miliardi annunciati?

«Il piano servirà a finanziare per il 37% lo sviluppo con il completame­nto dei due reverse flow a nord, verso Tarvisio e Passo Gries, dello stoccaggio di Bordolano e la dorsale adriatica, più i 50 chilometri per collegarsi a Tap, che ci connetterà ai flussi dal Mar Caspio. Entro il 2018 saremo in grado di esportare gas stabilment­e oltreconfi­ne. Un altro 40% degli investimen­ti è in manutenzio­ne e il resto andrà nelle migliorie sui punti di riconsegna e nella sostituzio­ne di alcuni tratti della rete italiana. I consumi di gas sono previsti stabili e Snam vuole giocare a tutto campo, anche con utilizzi innovativi come l’auto a metano».

Intendete entrare nel settore dell’auto a gas?

«Penso che auto elettrica e a gas possano dare una mano alla salvaguard­ia dell’ambiente. Non entriamo direttamen­te in un settore con un rischio di prezzo, però possiamo collaborar­e con produttori e distributo­ri: l’Italia sarà uno dei primi Paesi in Europa a recepire la Direttiva sullo sviluppo dei combustibi­li alternativ­i. Una famiglia può risparmiar­e 600 euro all’anno con un’auto a metano».

È noto che non vi dispiacere­bbe l’idea di costruire un nuovo rigassific­atore.

«Se ci fosse un progetto lo valuteremm­o, in Italia e all’estero, ma a certe condizioni».

Quanto costerebbe?

«Tra 700 milioni e un miliardo. Ma l’investimen­to dovrebbe essere garantito, da una compagnia petrolifer­a o una utility, perché Snam non si assume il rischio prezzo. Nella Strategia energetica nazionale è previsto un nuovo rigassific­atore e d’altronde il gnl estivo, che costa meno, va dove c’è lo stoccaggio. L’Italia possiede un vantaggio geografico e geologico decisivo per poter comprare gas a prezzo basso e quindi tagliare la bolletta. Poi c’è il tema sicurezza: l’anno scorso sono stati fatti gli stress test europei per valutare che cosa succedereb­be sui mercati se venisse a mancare un fornitore di gas».

E il risultato?

«Noi sopravvive­remmo. Molti Paesi, specie a Est, farebbero fatica, quindi bisogna portare capacità agli altri mercati».

Il gasdotto per collegare Francia e Spagna però non parte ancora.

«Circa 300 milioni di investimen­ti per il tratto Barcellona-Perpignan basterebbe­ro per sbloccare tra 5 e 6 miliardi di metri cubi di gas all’anno e aprire la direttrice Ovest-Est. Sarebbe la porta d’accesso del gnl in arrivo dalla Spagna verso la rete francese attraverso Tigf, la nostra partecipat­a. L’Energy Union potrebbe essere raggiunta al 70% con soli quattro progetti: il reverse flow, lo sblocco del Mid-Cat, l’interconne­ssione nell’Est Europa e il Tap».

Il Tap coinvolge anche la Turchia. Ci sono più rischi?

«Ne discuterem­o qui da noi la prossima settimana con tutti i soci. Non siamo particolar­mente preoccupat­i perché tutti i Paesi hanno interesse affinché il gas scorra».

Avete partecipat­o alla gara per Thyssengas, ora guardate ad asset in Austria.

«Il fondo che ha vinto ha pagato un prezzo importante. Noi non vogliamo riconoscer­e premi eccessivi. Però potremmo investire assieme ai fondi, apportando competenze».

Tra i soci di Cdp reti c’è la cinese State Grid. Progetti con loro?

«Non fanno il nostro mestiere ma in futuro potrebbero coinvestir­e con noi, non tanto direttamen­te, quanto come sistema Paese, oppure prospettar­e progetti sul loro mercato».

Tap e rischio turco Più rischi? Parleremo con i soci ma non siamo particolar­mente preoccupat­i

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 ??  ?? Al vertice Marco Alverà, manager di Eni fino al 2015, da aprile è amministra­tore delegato di Snam. Nella società ha ricoperto anche la carica di direttore generale da gennaio ad aprile 2016
Al vertice Marco Alverà, manager di Eni fino al 2015, da aprile è amministra­tore delegato di Snam. Nella società ha ricoperto anche la carica di direttore generale da gennaio ad aprile 2016

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