Ecco la modifica dell’Italicum che può piacere al premier
Il «Provincellum»: collegio uninominale, ballottaggio e premio
All’assemblea nazionale del Pd nemmeno la minoranza rompe il patto: qui non si parla di politica (italiana). Intendendo per tale tutta la discussione sul referendum, l’Italicum e il Mattarellum versione proporzionale, ossia il Bersanellum.
Tutti e due i leader dell’opposizione interna, Gianni Cuperlo e Roberto Speranza, si attengono al copione. L’unico che si permette delle «toccate e fughe» negli affari nostrani è Renzi. Ma riguardano i grillini.
E, comunque il segretario-premier assicura: «Non mancheranno le occasioni di discutere nel Pd». E il presidente del partito Orfini annuncia che la prossima riunione del «parlamentino» democratico discuterà del partito e dintorni.
Ma di politica domestica si parlerà prima, visto che c’è un referendum a novembre. Ed è quello che interessa al premier. Ne fa un accenno (di sfuggita) Gianni Pittella. Il capogruppo italiano dei socialisti e democratici europei, in sostanza, chiede al presidente del Consiglio di restare al suo posto qualsiasi sia l’esito elettorale d’autunno: «Abbiamo bisogno di una leadership in questo momento di instabilità». Pittella si fa portavoce delle preoccupazioni dei partner europei di fronte all’eventualità di una vittoria del «No».
Ma il patto è patto, e nessun renziano raccoglie l’invito. Anche se, lontano dalle telecamere e dai taccuini dei cronisti, tra gli uomini del premier si parla solo del referendum. E circola anche una nuova data. Adesso viene considerata quella certa (ma quante ce ne sono state?): il 20 novembre. Ossia, dopo l’approvazione della legge di Stabilità nel primo ramo del Parlamento in cui verrà esaminata: la Camera. Così come aveva chiesto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
E, del resto, a Renzi, a questo punto poco importa. Se il voto non può essere prima della legge di Stabilità, che sia il 6 (la data da lui preferita) o il 20 fa lo stesso. Quello che gli interessa è che «il partito arrivi unito a questo appuntamento».
Perciò il presidente del Consiglio preferisce glissare sulla legge elettorale. E tace, almeno ufficialmente, sulla proposta avanzata da una parte della minoranza. Ma ciò che Matteo Renzi e i suoi pensano di quella ipotesi, in realtà, è chiaro a tutti. «Noi abbiamo fatto la nostra proposta e da parte del segretario non è venuto nessun segnale», ammette sconsolato uno dei promotori del Mattarellum versione Bersani.
Però il premier non chiude tutte le porte. C’è una proposta di modifica dell’Italicum che in realtà potrebbe far breccia tra i renziani, nel caso in cui la Corte costituzionale abbia da eccepire sulla riforma appena fatta. È il «provincellum». Nel quale è previsto sia il premio di maggioranza che l’eventuale ballottaggio.
È ciò che più si avvicina all’Italicum. Però, esattamente come la vecchia legge per le province, prevede un collegio uninominale, elimina le preferenze e ha un impianto proporzionale, seppur prevedendo un premio.
Ma all’Assemblea del Pd non si parla di tutto ciò, e il presidente del Consiglio è ancora convinto che l’Italicum sia una legge buona, e che, soprattutto, «garantisca la governabilità».
In questa riunione dove ufficialmente non si discute delle beghe del Pd, in realtà nei corridoi si preparano anche gli organigrammi futuribili. Non è escluso che prima della pausa estiva ci sia un «minirimpasto» della segreteria. Non si tratta di cambiare i vice — che rimarranno, anche perché Guerini è in campo su tutto — ma di mettere mano all’ «Organizzazione» e al settore «Enti locali». È probabile che quelle due caselle verranno occupate altrimenti. D’altra parte sono degli snodi importantissimi per un Pd che da settembre dovrà prepararsi alla battaglia referendaria.