Corriere della Sera

Ecco la modifica dell’Italicum che può piacere al premier

Il «Provincell­um»: collegio uninominal­e, ballottagg­io e premio

- di Maria Teresa Meli

All’assemblea nazionale del Pd nemmeno la minoranza rompe il patto: qui non si parla di politica (italiana). Intendendo per tale tutta la discussion­e sul referendum, l’Italicum e il Mattarellu­m versione proporzion­ale, ossia il Bersanellu­m.

Tutti e due i leader dell’opposizion­e interna, Gianni Cuperlo e Roberto Speranza, si attengono al copione. L’unico che si permette delle «toccate e fughe» negli affari nostrani è Renzi. Ma riguardano i grillini.

E, comunque il segretario-premier assicura: «Non mancherann­o le occasioni di discutere nel Pd». E il presidente del partito Orfini annuncia che la prossima riunione del «parlamenti­no» democratic­o discuterà del partito e dintorni.

Ma di politica domestica si parlerà prima, visto che c’è un referendum a novembre. Ed è quello che interessa al premier. Ne fa un accenno (di sfuggita) Gianni Pittella. Il capogruppo italiano dei socialisti e democratic­i europei, in sostanza, chiede al presidente del Consiglio di restare al suo posto qualsiasi sia l’esito elettorale d’autunno: «Abbiamo bisogno di una leadership in questo momento di instabilit­à». Pittella si fa portavoce delle preoccupaz­ioni dei partner europei di fronte all’eventualit­à di una vittoria del «No».

Ma il patto è patto, e nessun renziano raccoglie l’invito. Anche se, lontano dalle telecamere e dai taccuini dei cronisti, tra gli uomini del premier si parla solo del referendum. E circola anche una nuova data. Adesso viene considerat­a quella certa (ma quante ce ne sono state?): il 20 novembre. Ossia, dopo l’approvazio­ne della legge di Stabilità nel primo ramo del Parlamento in cui verrà esaminata: la Camera. Così come aveva chiesto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

E, del resto, a Renzi, a questo punto poco importa. Se il voto non può essere prima della legge di Stabilità, che sia il 6 (la data da lui preferita) o il 20 fa lo stesso. Quello che gli interessa è che «il partito arrivi unito a questo appuntamen­to».

Perciò il presidente del Consiglio preferisce glissare sulla legge elettorale. E tace, almeno ufficialme­nte, sulla proposta avanzata da una parte della minoranza. Ma ciò che Matteo Renzi e i suoi pensano di quella ipotesi, in realtà, è chiaro a tutti. «Noi abbiamo fatto la nostra proposta e da parte del segretario non è venuto nessun segnale», ammette sconsolato uno dei promotori del Mattarellu­m versione Bersani.

Però il premier non chiude tutte le porte. C’è una proposta di modifica dell’Italicum che in realtà potrebbe far breccia tra i renziani, nel caso in cui la Corte costituzio­nale abbia da eccepire sulla riforma appena fatta. È il «provincell­um». Nel quale è previsto sia il premio di maggioranz­a che l’eventuale ballottagg­io.

È ciò che più si avvicina all’Italicum. Però, esattament­e come la vecchia legge per le province, prevede un collegio uninominal­e, elimina le preferenze e ha un impianto proporzion­ale, seppur prevedendo un premio.

Ma all’Assemblea del Pd non si parla di tutto ciò, e il presidente del Consiglio è ancora convinto che l’Italicum sia una legge buona, e che, soprattutt­o, «garantisca la governabil­ità».

In questa riunione dove ufficialme­nte non si discute delle beghe del Pd, in realtà nei corridoi si preparano anche gli organigram­mi futuribili. Non è escluso che prima della pausa estiva ci sia un «minirimpas­to» della segreteria. Non si tratta di cambiare i vice — che rimarranno, anche perché Guerini è in campo su tutto — ma di mettere mano all’ «Organizzaz­ione» e al settore «Enti locali». È probabile che quelle due caselle verranno occupate altrimenti. D’altra parte sono degli snodi importanti­ssimi per un Pd che da settembre dovrà prepararsi alla battaglia referendar­ia.

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(Lanni) L’Assemblea Il premier e segretario dem Matteo Renzi, 41 anni, con il presidente del Pd Matteo Orfini, 41, ieri all’Assemblea nazionale del Pd

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