Corriere della Sera

Una è tendenzial­mente sovranazio­nale e l’altra eminenteme­nte intergover­nativa: sono permeabili e distinte, parallele e non conflittua­li

- Di Antonio Armellini

diverse, conservi una struttura unitaria e si riconosca in un mantra politico condiviso. Ma qui sta il limite del ragionamen­to: è stato proprio Cameron, dichiarand­o anche per conto di altri che il mantra di una unione sempre più stretta vale per alcuni, ma non per tutti, a rendere esplicito che parlare di una unione ispirata al medesimo obiettivo di fondo non ha più senso.

È tempo di prendere atto che nell’Ue vi sono oggi due Europe: una volta all’integrazio­ne politica («l’Europa di Altiero Spinelli»), ed una all’economia e al mercato («l’Europa di Margaret Thatcher»), nel quadro di un più ampio recinto definito dai principi fondamenta­li di libertà e democrazia («l’Europa di Coudenhove-Kalergi», dal nome di chi quasi un secolo fa immaginò una Unione Paneuropea di Stati). Una tendenzial­mente sovranazio­nale e l’altra eminenteme­nte intergover­nativa; permeabili e distinte, parallele e non conflittua­li. Una «Europa delle convergenz­e parallele» secondo la definizion­e di Aldo Moro, per sottolinea­re l’autonomia e la comune matrice ideale. Riconoscer­e una simile realtà significa porre il tema — spinoso — di una seria revisione dei trattati, ma pensare che dopo quello che è successo ciò sia evitabile appare a dir poco improbabil­e. Essa per contro rappresent­a un importante elemento di semplifica­zione: muovendosi in autonomia le due Europe evitano le interferen­ze negative che inevitabil­mente si pongono fra cerchi e gironi (basti pensare al difficile rapporto fra ins e outs nell’euro), e utilizzano al meglio le rispettive potenziali­tà.

L’«Europa di Margaret Thatcher» permette di gestire in maniera flessibile la crescita del mercato, assorbendo eccezioni e spinte separatist­e e offrendo una alternativ­a a ulteriori exit nonché, in un futuro possibile, ponendo le basi per un riavvicina­mento della Gran Bretagna. Ma va da sé che la partita di fondo del rilancio europeo si gioca intorno all’«Europa di Altiero Spinelli». Immigrazio­ne e lavoro, moneta, sicurezza e difesa: intanto saranno possibili in quanto si riuscirà ad imprimere un deciso salto in avanti verso l’integrazio­ne politica. A parte i «nuclei duri esistenti o immaginati» (quello dei diciannove dell’eurozona andrebbe messo urgentemen­te alla prova), il punto di snodo è quello dell’asse franco-tedesco — con l’aggiunta dell’Italia — e della sua capacità di rinunciare a tentazioni egemoniche per promuovere una vera gestione multilater­ale delle politiche, che tenga conto delle esigenze degli altri. Un obiettivo difficile, di cui si vedono già le difficoltà, ma da cui dipende la possibilit­à per l’Europa di dire la sua nel mondo.

Le due Europe sono uno strumento efficace per restituire smalto all’Ue: mettono in chiaro le priorità e tolgono la scusa di incompatib­ilità e ritardi per evitare decisioni, come troppo spesso è avvenuto. Pongono con chiarezza le alternativ­e: se l’Europa politica dovesse fallire, non per questo finirebbe l’Ue: ridotta alla sua sola dimensione di unione doganale con qualche orpello aggiunto sarebbe un’altra, e ben piccola Europa. a cura di

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