Le sue chitarre, la sua vita: ecco il museo di Pino Daniele
Come Graceland per Elvis a Memphis o The Beatles Story a Liverpool. Nella musica solo i più grandi hanno un museo dedicato a loro, e in Italia ora ce n’è uno tutto per Pino Daniele. A Napoli, giustamente. Un intero piano, il secondo, del Museo della Pace, il Mamt, che affaccia su piazza Municipio, ospitato nelle stanze che furono dell’Hotel de Londres.
Lo ha voluto e realizzato (come anticipò al Corriere» poco più di un anno fa) Alessandro, il figlio maggiore del musicista, che è stato anche il suo manager e che dopo quel tragico 4 gennaio 2015 ha fondato la «Pino Daniele Trust Onlus».
Al museo ha dato il nome del padre, ma ha voluto aggiungerci Alive, «perché Pino (lui lo chiama quasi sempre così, ndr) continua a vivere, e perché qui le cose saranno continuamente in evoluzione». Intanto già sono live le immagini trasmesse ininterrottamente dalle venti postazioni video ad altissima definizione che raccontano quasi l’intera carriera artistica di Pino Daniele. Spezzoni di concerti cuciti da un montaggio geniale, pezzi di trasmissioni, colonne sonore scritte per il cinema, un inedito con Massimo Troisi.
«In ogni stanza cerco di ridere un po’», cantava Pino Daniele nella splendida Che ore so’. Qui in ogni stanza ci si emoziona, e tanto. Davanti alle sue chitarre, ognuna con una storia, un aneddoto, raccontati oggi da Alessandro e domani dalle didascalie che corredano ogni bacheca. Davanti ai suoi amplificatori e registratori, con il nastro adesivo bianco intorno alle manopole per renderle meglio visibili a lui che con la vista soffriva quanto con il cuore. Davanti al suo camerino, riallestito identico, con la macchinetta del caffè che si portava nei tour e con le scalette dei concerti scritte a mano.
E presto, forse, anche davanti a un mandolino che ora sta lì anonimo. Ma se Alessandro avrà la conferma che cerca, per i fan di Pino diventerà una reliquia.