CHI SVEGLIA IL DIO DEL FUOCO
Vabbè il caldo infernale, vabbè la siccità, vabbè il vento a cinquanta nodi che a tratti ha impedito ai Canadair di levarsi in volo, ma possono esser divampati da soli circa ottocento focolai degli incendi che hanno devastato migliaia di ettari in Sicilia? Cos’è stata, una maledizione del dio del fuoco Efesto? O piuttosto, almeno in parte, la vendetta di chi vede a rischio l’andazzo di un sistema in cui ai forestali è stato chiesto per decenni non tanto di prendersi cura del territorio ma di portar voti ai padroni delle clientele?
«Basta col pietismo buonista», si era sfogato poche settimane fa Rosario Crocetta rivelando la presenza in un elenco «atteso per un anno e mezzo» di 3.500 precari su 24 mila (uno su sette) con la fedina penale non pulita e annunciando l’espulsione di almeno quelli condannati per mafia o possesso di armi. «Esaminando il passato di queste persone ci siamo imbattuti in notizie di tratta di schiavi, violenza, associazioni a delinquere, spaccio di stupefacenti. A centinaia sono accusati di incendi dolosi. E oggi si occupano di boschi. È come mandare un pedofilo in una scuola».
È solo una dannata coincidenza se alle prime raffiche di scirocco rovente mezza isola da Trapani a Messina ma soprattutto nell’area intorno a Palermo, sui Nebrodi e sulle Madonie, è stata investita dalle fiamme? Nessun morto, alcuni feriti non gravi (pare), panico, danni enormi.
Una donna inglese di 86 anni, May Ashworth, ha accompagnato una ricerca su Google con le parole «grazie» e «per favore», convinta — sostiene il nipote — che, a svolgere il lavoro, ci fosse una persona e non un algoritmo. La frase — «Per favore, tradurresti queste cifre romane MCMXCVIII grazie» — è stata fotografata e postata online dal giovane, ottenendo non solo milioni di apprezzamenti, ma anche il ringraziamento ufficiale di Mountain View, che ha tuttavia rassicurato la donna sul fatto che nessun ringraziamento fosse dovuto. Che la gentilezza sia un gesto rivoluzionario è ormai consapevolezza diffusa. Il sindaco di Filadelfia, Michael Nutter, le ha addirittura dedicato un appuntamento annuale sperando di intervenire sui comportamenti degli abitanti e migliorare così le statistiche di violenza e crimini. «Se guardo indietro, vedo che ho passato la maggior parte della mia vita in una nuvola di cose che hanno spinto l’esigenza di essere gentile in un angolo», confessava George Saunders in un meraviglioso discorso agli studenti della Syracuse University, esortandoli dunque a «guardare e spostarsi nella direzione della gentilezza». Internet, come tutte le cose della vita, non è immune al consiglio. Anzi, un modo per ripulire i siti dalla cultura hater e dall’aggressività tipica dei «leoni da tastiera» ( figura digitale molto comune identificata nel pavido da appartamento che diventa senza paura sui social) è riportare un po’ di cordialità nel vocabolario. D’altronde, recita un libro per bambini della arcinota serie russa Masha e Orso, «per stare bene in compagnia non serve una magia, basterà usare parole gentili ». Piuttosto che giudicare vintage nonna May o dare credito a chi vede «grazie» e «per favore» in contrasto con Internet, imitiamola. È semplice, nonché un piccolo antidoto contro l’odio. Parola di Saunders, e di Masha.