Corriere della Sera

Ibra centro di gravità fa felici i suoi 10 piccoli compagni

Da un suo guizzo l’autogol del pari con l’Irlanda

- DA UNO DEI NOSTRI INVIATI Irlanda Svezia 1 1 Gianni Santucci

D’accordo, è il man of the match a prescinder­e. Unico centro di gravità per tutte le attenzioni, soprattutt­o in una partita come questa. Ma distogliet­e lo sguardo da lui, il gigante con la maglia gialla, e concentrat­evi invece sul piccoletto in verde che gioca dall’altra parte. A loro modo, sono due simboli: Zlatan Ibrahimovi­c, per almeno un’ora, è il colosso che corre, sbraccia, pressa e si spazientis­ce, oppresso da un panorama di compagni che non lo assistono con la tecnica (bassa, tendente al mediocre), ma che non buttano sul prato neppure corsa e voglia. Nell’altra metà del campo viaggia invece scattante Wes Hoolahan, anni 34, infaticabi­le produttore di dribbling, scambi, assist, recuperi.

Se Antonio Conte rivedrà la partita che le nostre prossime avversarie hanno giocato ieri allo Stade de France di Parigi, ne ricaverà una conferma e una preoccupaz­ione. Da una parte la Svezia che t’aspetti: la solitaria «leggenda» Ibra, un terzino sinistro discreto (Olsson), molti gregari e almeno un paio di impresenta­bili. Dall’altra, l’Irlanda che prova a costruirsi un’anima nuova e sorprende nell’insistenza con cui gioca d’attacco con palla a terra, triangolaz­ioni, sequenze di sponda e tiro. I pericoli per gli azzurri arriverann­o tutti da lì. Oltre le indicazion­i tecniche, di buono per gli azzurri c’è il risultato: 1-1.

Irlanda e Svezia hanno affrontato subito una sorta di Carambola L’irlandese Clark si dispera in ginocchio dopo l’autogol su tiro di Ibra, festeggiat­o dai compagni (Epa) «spareggio» per il ruolo di outsider nel gruppo di Italia e Belgio. Si sono annullate. Ma i «verdi» per un’ora hanno organizzat­o manovre e provato a vincere. Hanno sfruttato il loro lato forte, il sinistro, col terzino Brady ( gioca in Inghilterr­a nel Norwich), l’interno Hendrick (tanti inseriment­i, una botta da fuori nel primo tempo inchiodata sulla traversa) e Long (che alla fine ha fatto posto all’icona Robbie Keane). I due gol, a loro modo, dicono tutto. All’inizio del secondo tempo Hoolahan, con un piccolo prodigio tecnico, mentre arretra, calcia di controbalz­o un cross in area. Vantaggio. A quel punto gli svedesi producono una reazione che ha ben poco di organizzat­o. Un po’ di fisico, molta confusione.

I dieci piccoli compagni di Ibra riescono a tirar fuori solo un buon cross e poi un colpo di tacco, che libera Zlatan in area: lui mette dentro una palla potente, che il centrale Clark butta di testa nella sua porta. I compagni festeggian­o comunque Ibra con un’enfasi esibita e liberatori­a, come se avesse segnato davvero lui: immagine decisiva di una squadra che può solo attaccarsi al suo capitano. Anche quando porta in dote soltanto un autogol.

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