Corriere della Sera

La nazione ferita che perde l’unità

America All’indomani di un attacco in genere ci si compatta, ma questa volta il discorso di Donald Trump contro Obama e contro Hillary sta approfonde­ndo le divisioni. I temi dirimenti sono l’accoglienz­a degli immigrati islamici e il diritto alle armi

- Di Massimo Gaggi

A caldo, subito dopo la strage di Orlando, l’attacco a testa bassa contro Barack Obama accusato di essere complice, forse addirittur­a simpatizza­nte, del terrorismo islamico. Dopo la sortita di domenica, culminata nella richiesta di dimissioni immediate del presidente, ieri Donald Trump è tornato alla carica con quello che aveva annunciato come un solenne discorso sulla politica estera da proporre agli Stati Uniti, ma si è poi risolto in un attacco durissimo contro Hillary Clinton per il suo rifiuto di chiudere le frontiere agli immigrati islamici.

Il giorno dopo le stragi di terrorismo in ogni Paese c’è un momento di solidariet­à, di unità nazionale: si dimentican­o le divisioni, si stringono i ranghi.

È successo molte volte anche negli Stati Uniti. Soprattutt­o dopo le stragi dell’11 settembre 2011, quando George Bush, benché detestato dai democratic­i, ebbe il loro appoggio incondizio­nato non solo per la protezione del territorio nazionale, ma anche per le leggi speciali (il Patriot Act) e le offensive militari in Afghanista­n e, poi, in Iraq.

Non stavolta. Non con la scena dominata da un nuovo leader, un miliardari­o populista che rifiuta ogni regola di correttezz­a politica e non ha rispetto per le istituzion­i. Anzi le considera incapaci e corrotte. Trump ha espresso solidariet­à alla comunità dei gay, ma lo ha fatto soprattutt­o per dare più forza al suo comizio contro la cultura islamica e al suo proposito di bloccare l’ingresso dei musulmani negli Stati Uniti. Con la consueta retorica rozza ma capace di convincere almeno una parte dell’elettorato, il candidato repubblica­no ha accusato la Clinton di essere solo a parole dalla parte delle donne e della comunità Lgbt, gli omosessual­i. Mentre poi, nei fatti, lascia che in America arrivi gente provenient­e da Paesi nei quali i gay vengono trucidati, addirittur­a gettati dalle sommità dei palazzi mentre le donne vengono ridotte in schiavitù: «Un’orrenda versione del cavallo di Troia».

Non servono i richiami alla moderazion­e di chi gli fa notare che se, all’inizio del seco- lo scorso, qualcuno avesse cercato di bloccare l’immigrazio­ne dall’Italia sostenendo che tutti gli abitanti della Penisola sono mafiosi, oggi l’America sarebbe un Paese diverso. Trump tira dritto e cavalca la strage di Orlando: Omar Mateen era un cittadino americano, nato negli Usa? Nessun problema per il leader che va ancora più indietro sostenendo che l’errore è stato consentire al padre di immigrare dall’Afghanista­n: «È un simpatizza­nte dei talebani, ha pure cercato di diventare presidente a Kabul, ma il problema riguarda quel Paese nel suo complesso: secondo l’indagine del Pew Research Center il 99 per cento degli afghani è a favore della “sharia”, la legge islamica contraria ai diritti più elementari. E allora chiedo: chi difende di più donne e gay,

Hillary con le sue dichiarazi­oni permissive o io con i fatti?».

Le sortite rabbiose dell’immobiliar­ista di New York spezzano il clima di cordoglio e anche di riflession­e critica dopo la strage di sabato notte.

I leader conservato­ri fino all’altro giorno avevano inveito contro i matrimoni tra omosessual­i e avevano cercato di bloccare le nuove norme che danno a queste minoranze il diritto di entrare nei bagni pubblici sulla base del loro orientamen­to sessuale. Adesso anche i politici più ostili alla comunità Lgbt come il senatore Ted Cruz, fanno marcia indietro.

A lacerare il clima di unità nazionale, oltre a Trump, contribuis­cono anche alcuni parlamenta­ri democratic­i, soprattutt­o quelli del Connecticu­t, lo Stato della strage dei bimbi della scuola di Newtown: accusano la maggioranz­a repubblica­na del Congresso di correspons­abilità nelle stragi che funestano l’America per il «no» a misure restrittiv­e anche sulla detenzione delle armi più micidiali, quelle da guerra.

Ma non ci sono spazi politici per un cambio di rotta, oggi in America. E la sortita democratic­a rischia di diventare un assist per Trump: «Non solo vogliono far entrare gente pericolosa: vogliono anche disarmarci lasciando i fucili solo ai cattivi».

Metafora Il miliardari­o ha definito l’eccesso di apertura come un pericoloso «cavallo di Troia»

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy