Che non potevamo più venire»
salpano per l’Attica di Skaramangas, per la Grecia centrale di Volos, per il Nordest di Kavala, ovunque meno che per il congestionato Pireo. I greci non devono ancora respingere e non devono più accogliere. Ma tra il partire e il bloccare c’è di mezzo il mare: compaiono quindici barche nelle ultime 24 ore, 875 nuovi sbarchi. Accordo o no, i migranti non vogliono restare soli a mezzanotte e tre ore dopo l’entrata in vigore del nuovo blocco, dal buio dell’orizzonte turco, ecco il primo barcone. È il rituale risaputo d’80 spettri infagottati, pigiati, spiaggiati vicino all’aeroporto. Due sono già morti, infarto o chi lo sa, si tenta un massaggio cardiaco. «Nessuno ci ha dato nuove direttive e in ogni caso non ho uomini sufficienti» spiega il commissario Soccorsi Nella foto grande l’arrivo di un gommone di migranti dalla Turchia sull’isola greca di Lesbo (Ap/Petros Giannakouris) capo di Lesbo, Dimitris Amoutzias, per mostrare che la polizia fa come sempre: li asciuga, li riveste, li nutre. Poi chiude tutti nella tendopoli di Moria, informando finalmente chi parla un po’ d’inglese: saranno loro, appena arriveranno i funzionari promessi da Bruxelles, i primi respinti del nuovo corso. «A me non l’ha detto nessuno che non si poteva più venire in Europa», si fa tradurre Hamza Sheabaz, 16 anni, pachistano di Lahore. Uno scafista gli ha preso i mille dollari e gli ha consigliato di dichiarare che è solo: per i minorenni senza famiglia c’è qualche speranza, anche se non vengono da una guerra. «A casa mia abbiamo venduto tutte le mucche, per trovare i cinquemila dollari di questo viaggio. Siamo pieni di debiti con la banca. Chi glielo dice a mio padre, adesso, che mi rimandano indietro?».
Poi ci sono altri sbarchi, più comodi. I francesi della polizia di frontiera europea, Frontex, si sistemano a 170 euro per notte nel Blue Sea Hotel vista marina. Hanno i giubbotti azzurri col logo e la domenica sono già a pranzo nei ristorantini del lungomare. È l’unica Europa che si vede finora: Parigi e Berlino hanno promesso 600 esperti per le impronte digitali e le pratiche necessarie, i rumeni si sono accodati con 70 funzionari e un paio di navi, gli altri seguiranno. «Se cominciamo presto a fare i rimpatri — è sicuro Antonis Sofiadelis, capo della Guardia costiera di Lesbo —, ci sarà un effetto deterrente». I turchi vogliono far bella figura, dimostrare d’usare bene i soldi europei: già sparano l’incredibile cifra di 1.734 clandestini bloccati e spediti in un centro a Izmir, 16 trafficanti arrestati. E se ne infischiano dei migranti che denunciano d’essere trattati come animali, al di là dell’Egeo, «ci prendono e ci lasciano giorni senza cibo e senz’acqua». «Tanta durezza è perché molti sono curdi», dice un funzionario Onu in Grecia: «L’accordo con Bruxelles prevede visti agevolati ai turchi: quale migliore occasione per i curdi? Usare il passaporto di Ankara per andare in Germania...».
Vuol dire che, mentre fermano i siriani, finiscono per mandarci i curdi? «Questa storia è infinita. E noi stiamo svuotando il mare col cucchiaino».
Hamza Sheabaz: «Questo viaggio ci è costato cinquemila dollari»