E la sensualità bonaria sopravvisse nei dettagli
Come l’Italia linguistica, anche quella artistica ha la sua ricchezza nella varietà degli accenti regionali. La «maniera emiliana», tema della selezione di opere della collezione BPER Banca a Modenantiquaria, si irrobustì a fine Cinquecento imponendosi come un’arte controllata, che parlava il linguaggio chiaro e «modesto», raccomandato dal Concilio di Trento in opposizione all’arte gonfia, artificiosa e accademica del Manierismo attecchito a Roma e di cui, peraltro, Parma vantava uno dei protagonisti più brillanti: il Parmigianino. Fra il 1585 e il 1595 fu proprio Bologna, con l’Accademia degli Incamminati aperta dai Carracci, a guidare la volata del rinnovamento artistico controriformista. E tuttavia, furono sempre i Carracci fra i primi a imporsi per una produzione specializzata nelle «teste caricate», le caricature, espressione di un peculiare senso del comico in cui si distinsero anche gli altri protagonisti emiliani: da Bartolomeo Passerotti fino agli straordinari autori di nature morte caserecce, come Felice Boselli e le sue succulente cucine. Dunque, un linguaggio serio e corretto, come raccomandato dal vescovo di Bologna Gabriele Paleotti (autore del celebre «Discorso intorno alle immagini sacre e profane») e però sempre pronto a sterzare, anche solo con un dettaglio, verso una garbata ironia, tradendo il godimento della vita. E in questo esercizio d’equilibrio brillarono non solo Cagnacci o il sommo Giuseppe Maria Crespi, ma anche il Guercino, il Mastelletta e persino i più algidi campioni del rigore classicista: Domenichino e Guido Reni. Anche i loro quadri sono sfiorati dall’ultimo svaporio di quel profumo caratteristico della pittura emiliana: la sensualità istintiva e bonaria, che non si prende mai troppo sul serio.