Ma gli scienziati invocano prudenza
unico limite all’applicazione della metodica Crispr è la fantasia. Lo dicono gli scienziati. E ci scommettono le company. Bill Gates e Google Venture, nell’agosto scorso, hanno finanziato con 120 milioni di dollari una start up specializzata nell’uso di Crispr (la Editas). Quest’ultima vuole provare a trattare tumori del sangue, difetti ereditari della retina che portano a cecità e anemia mediterranea (talassemia). E anche le Big pharma ci sono. Il Wall Street Journal che riguardano la linea germinale fino a quando non ci sarà la certezza che non comportino rischi e il consenso della società.
«Tuttavia – ha detto David Baltimore del California Institute of Technology (premio Nobel nel 1975 con Renato Dulbecco) che ha presieduto la riunione — è indispensabile rivedere nel tempo questa posizione alla luce anche degli avanzamenti scientifici. La porta rimane aperta».
Secondo Paolo Vezzoni, del Cnr all’Humanitas di Milano, questa moratoria è stata chiamata più dagli scienziati che dagli eticisti, perché temono che i cittadini (americani soprattutto, in Italia finora non c’è segno di dibattito) di fronte ai possibili sviluppi della tecnica (è l’ombra lunga dell’eugenetica), possano chiedere un blocco su gli esperimenti tout court (che invece vanno continuati per le potenzialità di cura che hanno).
«Più che di moratorie, c’è bisogno di una road map — precisa Giuseppe Testa, dell’Università In alcuni embrioni malati di talassemia il metodo Crispr ha modificato i geni malati, ma ha prodotto anche mutazioni inaspettate. Questo apre interrogativi sulla tecnica, soprattutto perché può intervenire sulle cellule germinali di Milano, Ieo —. È quello che ha fatto l’Hinxton Group (un’associazione internazionale di studiosi di varia estrazione di cui fa parte Testa) nei mesi scorsi, indicando i problemi da affrontare e da discutere, con tutti gli attori. Perché occorre una simmetria: i temi scientifici devono andare di pari passo con la discussione politica».
Scienza ed etica a parte, poi arrivano gli interessi commerciali. «Bandire il gene-editing non ha senso — ha detto George Church, genetista all’Harvard Medical School a Boston su Nature — perché favorirebbe pratiche nascoste e aprirebbe la strada al mercato nero e un turismo medico incontrollabile». «Mezzo mondo sta lavorando in questo campo — aggiunge Carlo Alberto Redi dell’Università di Pavia e dell’Accademia dei Lincei —. Il primo passo è renderla più precisa, ma è una vera e propria rivoluzione che sta portando brevetti e soldi». Per saperne di più Lo speciale di Science (in inglese)