Il Csm e il rinforzo sbagliato Per dare una mano a Catania blocca 250 processi a Gela
Trasferita la sola giudice abilitata ai procedimenti delicati
Il Csm aiuta Catania ma, per farlo, senza accorgersene paralizza il Tribunale di Gela. Convegni su convegni sull’ organizzazione giudiziaria non bastano a evitare il paradosso per cui, per rispondere all’emergenza-migranti, proprio il Consiglio superiore della magistratura, applicando a Catania una giudice di Gela, determina l’impossibilità di celebrare a Gela più di 250 processi penali trattati dal Tribunale monocratico: a cominciare da quelli che ruotano attorno allo stabilimento petrolchimico dell’Eni (storico «datore» di lavoro degli uffici giudiziari di Gela, un po’ come l’Ilva per quelli di Taranto o l’aeroporto di Malpensa per quelli di Busto Arsizio), nonché omicidi colposi, infortuni sul lavoro, disastri ambientali colposi, inquinamenti, morti di amianto, maltrattamenti o stalking.
Per ridurre i tempi di risposta alle richieste di asilo politico e protezione umanitaria dei migranti, nel giugno scorso un decreto legge prevede un piano straordinario( e incentivato) di applicazioni extra distrettuali (per 18 mesi più 6) a rinforzo degli uffici giudiziari sommersi dal riesame delle decisioni in primo grado delle commissioni provinciali prefettizie. Per Catania, fra le sedi più in affanno, il 18 novembre il Csm fa un bando nazionale per un posto al penale e due al civile, al quale rispondono 11 magistrati da Palermo, Milano, Roma, Livorno, Gela, Enna, Caltanissetta, Napoli e Salerno. E il 22 dicembre il Csm sceglie una toga di Enna e una giudice di Gela.
Ma così, tamponato un buco a Catania, si apre una voragine a Gela. Dove la conseguenza, non considerata dal Csm, è che quella giudice era l’unica che avesse già i requisiti di legge (4 anni di servizio) per poter celebrare i processi provenienti da udienza preliminare per reati di competenza del giudice monocratico. In organico, infatti, Gela ha 12 giudici penali su 14 teorici (mancano il presidente della sezione penale e un giudice): ma, di questi 12, ben 10 sono o giovani uditori giudiziari appena arrivati o toghe che hanno solo un anno di anzianità, tutti impossibilitati per legge a fare i 253 processi pendenti sul ruolo della giudice ora applicata a Catania, e quelli analoghi futuri
Così si vanificano anni di lavoro di Tribunale e Procura Il presidente del Tribunale
(circa 120 l’anno). Restano l’unico altro giudice relativamente più «anziano» e il presidente di tutto il Tribunale: ma l’uno è già l’unico gip-giudice delle indagini preliminari (quello che vaglia le richieste di arresto o di intercettazione), e l’altro fa già l’unico gup dell’unico gip, cioè fa il giudice dell’udienza preliminare che decide se rinviare a giudizio o prosciogliere gli indagati rispetto ai quali il gip è per legge incompatibile.
Al Csm, che è possibile riesamini ora il caso, si spiega che la coperta (1.000 magistrati meno dell’organico in Italia) è corta dappertutto; che il decreto legge imponeva priorità alla soluzione delle richieste d’asilo; e che, fra gli altri aspiranti, uno nel frattempo era stato coinvolto nelle vicende del Tribunale misure di prevenzione di Palermo, per uno non erano ancora trascorsi 5 anni da quand’era assessore in Regione, e altri stavano in uffici che con la loro partenza sarebbero saliti al 33% o 50% di scoperture. Tuttavia il Csm conosceva la situazione che avrebbe creato a Gela, perché, accanto alla domanda della giudice interessata a tornare nella sua città, aveva anche il parere contrario sia del Presidente della Corte d’Appello di Caltanissetta, Salvatore Cardinale, sia del Presidente del Tribunale, Paolo Andrea Fiore. Che ora ha ri-scritto al Csm e al ministro della Giustizia. Per avvertire che «così verrebbero vanificati anni di lavoro di Tribunale e Procura».