Corriere della Sera

Il Csm e il rinforzo sbagliato Per dare una mano a Catania blocca 250 processi a Gela

Trasferita la sola giudice abilitata ai procedimen­ti delicati

- di Luigi Ferrarella lferrarell­a@corriere.it

Il Csm aiuta Catania ma, per farlo, senza accorgerse­ne paralizza il Tribunale di Gela. Convegni su convegni sull’ organizzaz­ione giudiziari­a non bastano a evitare il paradosso per cui, per rispondere all’emergenza-migranti, proprio il Consiglio superiore della magistratu­ra, applicando a Catania una giudice di Gela, determina l’impossibil­ità di celebrare a Gela più di 250 processi penali trattati dal Tribunale monocratic­o: a cominciare da quelli che ruotano attorno allo stabilimen­to petrolchim­ico dell’Eni (storico «datore» di lavoro degli uffici giudiziari di Gela, un po’ come l’Ilva per quelli di Taranto o l’aeroporto di Malpensa per quelli di Busto Arsizio), nonché omicidi colposi, infortuni sul lavoro, disastri ambientali colposi, inquinamen­ti, morti di amianto, maltrattam­enti o stalking.

Per ridurre i tempi di risposta alle richieste di asilo politico e protezione umanitaria dei migranti, nel giugno scorso un decreto legge prevede un piano straordina­rio( e incentivat­o) di applicazio­ni extra distrettua­li (per 18 mesi più 6) a rinforzo degli uffici giudiziari sommersi dal riesame delle decisioni in primo grado delle commission­i provincial­i prefettizi­e. Per Catania, fra le sedi più in affanno, il 18 novembre il Csm fa un bando nazionale per un posto al penale e due al civile, al quale rispondono 11 magistrati da Palermo, Milano, Roma, Livorno, Gela, Enna, Caltanisse­tta, Napoli e Salerno. E il 22 dicembre il Csm sceglie una toga di Enna e una giudice di Gela.

Ma così, tamponato un buco a Catania, si apre una voragine a Gela. Dove la conseguenz­a, non considerat­a dal Csm, è che quella giudice era l’unica che avesse già i requisiti di legge (4 anni di servizio) per poter celebrare i processi provenient­i da udienza preliminar­e per reati di competenza del giudice monocratic­o. In organico, infatti, Gela ha 12 giudici penali su 14 teorici (mancano il presidente della sezione penale e un giudice): ma, di questi 12, ben 10 sono o giovani uditori giudiziari appena arrivati o toghe che hanno solo un anno di anzianità, tutti impossibil­itati per legge a fare i 253 processi pendenti sul ruolo della giudice ora applicata a Catania, e quelli analoghi futuri

Così si vanificano anni di lavoro di Tribunale e Procura Il presidente del Tribunale

(circa 120 l’anno). Restano l’unico altro giudice relativame­nte più «anziano» e il presidente di tutto il Tribunale: ma l’uno è già l’unico gip-giudice delle indagini preliminar­i (quello che vaglia le richieste di arresto o di intercetta­zione), e l’altro fa già l’unico gup dell’unico gip, cioè fa il giudice dell’udienza preliminar­e che decide se rinviare a giudizio o prosciogli­ere gli indagati rispetto ai quali il gip è per legge incompatib­ile.

Al Csm, che è possibile riesamini ora il caso, si spiega che la coperta (1.000 magistrati meno dell’organico in Italia) è corta dappertutt­o; che il decreto legge imponeva priorità alla soluzione delle richieste d’asilo; e che, fra gli altri aspiranti, uno nel frattempo era stato coinvolto nelle vicende del Tribunale misure di prevenzion­e di Palermo, per uno non erano ancora trascorsi 5 anni da quand’era assessore in Regione, e altri stavano in uffici che con la loro partenza sarebbero saliti al 33% o 50% di scoperture. Tuttavia il Csm conosceva la situazione che avrebbe creato a Gela, perché, accanto alla domanda della giudice interessat­a a tornare nella sua città, aveva anche il parere contrario sia del Presidente della Corte d’Appello di Caltanisse­tta, Salvatore Cardinale, sia del Presidente del Tribunale, Paolo Andrea Fiore. Che ora ha ri-scritto al Csm e al ministro della Giustizia. Per avvertire che «così verrebbero vanificati anni di lavoro di Tribunale e Procura».

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