IL FRONTE DEGLI EUROSCETTICI SI RAFFORZA NEI PAESI DELL’EST
L’integrazione europea è sempre stata spinta in avanti dal motore franco-tedesco. Ma ora un nuovo asse sembra aver dato vita a un motore alternativo che muove in direzione opposta: l’altro ieri, in una località di collina al confine tra Polonia e Slovacchia, il premier ungherese Viktor Orbán ha fatto visita in gran segreto all’uomo forte che sta dietro al nuovo esecutivo polacco, ossia Jaroslaw Kaczinsky. Un incontro durato ben sei ore che ha gettato le basi di un coordinamento fra i due leader nazional-conservatori dell’Europa orientale.
I due uomini e i loro partiti hanno molto in comune: sono euroscettici, patriottici, filocattolici e anti-immigrati. Ma soprattutto condividono una concezione del tutto sui generis della democrazia: tanto che a Bruxelles c’è chi teme che l’asse Budapest-Varsavia rappresenti una minaccia ai valori europei e l’avanguardia di un nuovo fronte autoritario che viene dall’Est.
D’altra parte Kaczinsky ha studiato bene la lezione di Orbán. Entrambi erano stati estromessi dal potere dopo una prima breve esperienza di governo ed entrambi hanno attribuito la loro caduta al fatto di non aver rimodellato abbastanza le istituzioni. «Orbán ci ha mostrato come possiamo vincere. Verrà il giorno che avremo Budapest a Varsavia», esclamò Kaczinsky già nel 2011.
Ora, in quattro settimane Kaczinsky ha rimpiazzato i vertici dei servizi segreti, della Borsa e di varie aziende di Stato, ha riempito la Corte costituzionale di suoi sostenitori e si è assicurato il controllo di radio e tv pubbliche. Insomma, una variante di quella «democrazia illiberale» che già Orbán aveva promesso di costruire in Ungheria. E un esempio di cosa possono fare le destre radicali una volta al potere: che suona come monito anche per la parte occidentale dell’Europa, dove prosperano le Le Pen e i suoi emuli.