Se in aula l’unica certezza è il rinvio Storie ordinarie di giustizia lumaca
Dopo il caso di Taranto, altre vicende di cause civili dimenticate in giro per l’Italia
Magari lo si potesse liquidare come il rinvio triennale solo di un bizzarro giudice civile a Taranto: al netto dell’evocazione-boomerang della Convenzione dei diritti dell’uomo, come fonte di «divieto di schiavitù e lavoro forzato» del magistrato oltre i limiti esigibili di capacità lavorativa già esaurita al ritmo di circa 160 sentenze l’anno, il rinvio al 18 gennaio 2019 della decisione di una causa da 200.000 euro svela la punta di un iceberg, con segnalazioni da mezza Italia di retrovie patologiche affioranti sotto ben più confortanti medie statistiche. Vera o solo percepita che sia, e magari pure esagerata, un termometro di questa «febbre» togata sarà verificare quanti, fra i circa 9.000 aderenti all’Associazione nazionale magistrati, il 17-18-19 gennaio andranno a votare al referendum consultivo che l’Anm (contraria nella sua dirigenza) ha dovuto indire a norma di statuto dopo la raccolta di firme promossa da un gruppo di magistrati (che dichiarano «non appartenenze correntizie») e poi appoggiata dalla corrente di Autonomia e Indipendenza (quella di Piercamillo Davigo) e anche da Magistratura Indipendente (quella del sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri). Tra i 4 quesiti, infatti, uno domanda proprio se l’Anm debba o meno chiedere al Csm di caldeggiare l’introduzione di «carichi esigibili», cioè di «una misura in cifra secca (come per i magistrati amministrativi) del lavoro sostenibile dal magistrato in funzione degli obiettivi di adeguata quantità e qualità del lavoro».