«Obama mi ha detto: ho buoni sondaggi, agirò deciso sul clima»
Il capo della delegazione francese al summit di Parigi «La transizione energetica è la chiave, servirà tempo»
Nel suo ufficio di capo della delegazione francese alla COP21, Ségolène Royal accoglie il Corriere per fare il punto sulla prima settimana di negoziati. Oggi verrà consegnata una prima bozza di accordo, e la ministra dell’Ecologia, dello Sviluppo sostenibile e dell’ Energia offre una visione ottimista, nonostante le diffuse preoccupazioni per la lentezza dei colloqui.
Ministra, i negoziati stanno procedendo nel modo giusto?
«Siamo in una fase che non dobbiamo drammatizzare, le delegazioni hanno discusso un testo che pre-esisteva all’inizio della conferenza, i capi di Stato sono arrivati per dare il loro impulso politico, e i negoziatori hanno rivisto tutti i punti che hanno bloccato le trattative negli anni precedenti. È un lavoro utile e io voglio vedere le cose in positivo. Abbiamo un primo testo, lo stiamo migliorando. Dalla prossima settimana saremo noi ministri a occuparcene».
Qual è a suo avviso lo snodo fondamentale?
«I Paesi africani ripetono che sarà più facile passare alle energie rinnovabili quando smetteranno di essere più costose rispetto al petrolio. Ma anche noi non domandiamo altro, è la questione alla base della transizione energetica dalle energie fossili a quelle rinnovabili».
Quindi diventa centrale il tema dei finanziamenti dai Paesi ricchi a quelli emergenti o in via di sviluppo.
«Sì, e i finanziamenti sono confermati: 100 miliardi da adesso al 2020 e poi 100 miliardi l’anno a partire dal 2020. Ma sarà importante precisare come e da chi verranno spesi quei soldi, per quali progetti».
E i trasferimenti di tecnologia?
«Ugualmente importanti, fanno parte dello stesso pacchetto».
È vero che l’India frena l’avanzamento dei negoziati?
«La loro è una posizione più difficile, devono ancora raggiungere un certo grado di sviluppo per tutti i cittadini e temono che le limitazioni alle energie fossili allontanino questo traguardo. Ma allo stesso tempo il primo ministro Narendra Modi è molto impegnato nelle questioni operative, è il promotore dell’Alleanza solare internazionale e fa parte dell’iniziativa per il raddoppio degli investimenti nelle rinnovabili. Da un punto di vista personale, mi sembra convinto della necessità della transizione energetica».
C’è poi il problema degli Stati Uniti: alla COP21 si cerca un accordo vincolante, ma a Washington il Congresso a maggioranza repubblicana non lo ratificherebbe. Come state cercando di risolvere, o aggirare il problema?
«Cerchiamo di non vedere le cose in bianco e nero, tutto o niente. Il presidente Barack Obama è molto determinato. Intanto può fare molto basandosi sul Climate Act americano, e poi sente di avere dalla sua parte l’opinione pubblica. Un sondaggio diffuso lunedì scorso ( Cbs News/ New York Times, ndr) indica che due terzi degli americani vogliono un accordo giuridicamente vincolante. La sera a cena con Obama il presidente ne era molto colpito, ha evocato quel sondaggio. Ha detto che era un’ottima notizia, che poteva fare leva su questo sondaggio per giustificare un atteggiamento
più offensivo contro il riscaldamento climatico. Sono in corso delle dinamiche positive, occorre fare prova di immaginazione».
La Francia e altri Paesi tra cui la Germania sono favorevoli a una tassa sulle emissioni di carbonio nell’atmosfera, in modo che chi inquina paghi. Il consenso attorno a questa misura sta crescendo?
«Sì, i Paesi favorevoli a stabilire un prezzo del carbonio sono saliti a quaranta, e anche
molte imprese pensano sia una misura da adottare. Anche se non è incluso nel progetto di accordo finale».
Talvolta le politiche dei governi sono contraddittorie. Berlino frena sul nucleare e rilancia il carbone, ad esempio.
«Ogni Paese ha il suo modello energetico a lui proprio. È vero che la decisione tedesca di fermare lo sviluppo del nucleare ma ricorrere allo stesso tempo alle miniere di carbone a cielo aperto solleva delle questioni. In seno all’Unione Europea comunque la Germania è molto impegnata».
Anche lei è stata criticata per avere firmato l’autorizzazione per nuove ricerche di idrocarburi in Francia.
«Ma tutti i Paesi hanno problemi di decisioni interne, per questo parliamo di transizione energetica. Non si può passare dalle energie fossili a quelle rinnovabili da un giorno all’altro. Bisogna lavorare per superare queste contraddizioni».
Le ha fatto piacere vedere i francesi riappropriarsi del tricolore, dopo gli attentati? È una sua proposta durante la campagna presidenziale del 2007.
«Sì, sono stata molto contenta, è un simbolo per tutti i cittadini. Mi ha commosso vederlo sventolare sui grandi monumenti del mondo, e constatare che i francesi ne hanno fatto un segno di unità nazionale, come auspicavo otto anni fa».
Che cosa pensa dello stato di emergenza? La risposta del governo è stata troppo incentrata sulla sicurezza?
«No, non lo penso affatto. Mi sembra un falso problema. Anche io per esempio ho chiesto di aumentarla nel mio settore di competenza, con i metal detector nelle stazioni dei grandi treni internazionali. La sicurezza è fondamentale. Sono i cittadini a chiederla».